Finanziamenti alle Università private: l'ADI non ci sta

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L’attuale bozza della legge di bilancio prevede, come denunciato qualche giorno fa anche da  ROARS, un aumento complessivo dei finanziamenti alle università private pari ad 84 milioni di euro, così ripartiti:

  • 30 milioni di euro in più sul contributo previsto dalla Legge 243 del 1991, corrispondenti ad un aumento pari al 44% (Art. 89 comma 3);
  • 54 milioni di euro come contributo al pagamento dei trattamenti di previdenza di professori e ricercatori delle università private (Art. 93).

Ancora una volta, apprendiamo che dottorandi, borsisti, assegnisti di ricerca, contrattisti, collaboratori e tutte quelle figure precarie che contribuiscono al funzionamento della ricerca in Italia non sono prioritarie per questo governo, nonostante le tante parole spese.

Per l’ADI l’unica strada da seguire è quella tracciata dalla Costituzione al terzo comma dell’art. 33, laddove essa riconosce la facoltà dei privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri a carico dello Stato. Tale misura appare ancor più immotivata in un contesto emergenziale che vede quasi completamente bloccata la ricerca pubblica. 

I numerosi appelli dei giovani ricercatori che hanno aderito alla nostra campagna #ProrogaOra, avviata il 12 novembre scorso con la lettera recapitata al Governo, continuano a rimanere inascoltati. L’assenza di misure che coinvolgano dottorandi, assegnisti e tutte le figure precarie del comparto della ricerca, li rende a tutti gli effetti degli invisibili. Eppure, è su questi invisibili che si regge la ricerca e la formazione superiore del nostro Paese.   

Se il problema è, come ci viene detto, di natura economica, alla luce di queste misure è lecito chiedersi se non sia invece di natura politica. 

Infatti, l’ADI stima che un finanziamento di eguale portata riuscirebbe a coprire proroghe da 1 a 6 mesi per il XXXIV e XXXV ciclo di dottorato (fino a un massimo di  50 milioni di euro), proroghe da 1 a 4 mesi per i dottorandi del XXXIII ciclo che hanno già usufruito dei due mesi aggiuntivi  (circa 20 milioni di euro), forme di ristoro per i dottorandi non borsisti e ulteriori proroghe per gli assegni di ricerca, sui quali tuttavia mancano dati certi che consentano di effettuare delle stime; difficoltà, quest’ultima, che trae origine dalla mancanza di dati strutturati Cineca, i quali non comprendono,  ad esempio, le cifre degli enti di ricerca pubblici (come il Consiglio Nazionale delle Ricerche). Un sintomo di poca attenzione, negli anni, al tema.

È per questo motivo che come associazione di categoria volta a rappresentare le figure precarie della ricerca, porteremo in tutte le sedi di confronto istituzionale le istanze di dottorandi, assegnisti, borsisti e precari della ricerca, per far sì che la loro voce sia ascoltata. E ci impegneremo ancor di più affinché, accanto a misure urgenti e di carattere straordinario, vengano messi in campo interventi seri e strutturali e cospicui investimenti economici per una riforma del dottorato coerente con lo  spirito della Carta Europea dei Ricercatori e il superamento del precariato.