La versione del disegno di legge di stabilità 2015 trasmessa al Presidente della Repubblica il 21 ottobre scorso contiene misure inefficaci o ulteriormente regressive in materia di reclutamento universitario e fondi per il sistema accademico.
“Si tratta di una mano di vernice su un sistema ormai arrugginito” commenta Antonio Bonatesta, Segretario nazionale dell’ADI. “Ci troviamo dinanzi a interventi di maquillage che non si pongono in modo serio e credibile l' obiettivo di risolvere strutturalmente la drammatica situazione dei giovani ricercatori in Italia”.
Con l'art. 28, co. 28, il DdL introduce la possibilità per le università “virtuose” di assumere ricercatori a tempo determinato (RTD) nella misura del 50% del personale (Professori di I e II fascia, ricercatori a tempo indeterminato) che ha cessato il servizio l’anno precedente e del 100% dei ricercatori che, sempre nell’anno precedente, hanno concluso il contratto di tipo "a".
Questa misura non può essere considerata una soluzione concreta al problema dei bassi livelli di reclutamento di ricercatori in Italia. In primo luogo perché essa farà sentire i suoi effetti solo a partire dal 2016, quando i primi contingenti di RTDa di una qualche entità termineranno il loro percorso. Il fatto che negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore della legge 240/2010 il reclutamento di giovani ricercatori abbia fatto registrare solo poche centinaia di nuovi ingressi, contribuirà certamente a neutralizzare l'efficacia immediata di questo tipo di soluzione.
In secondo luogo, questa misura avrà un impatto molto disomogeneo sulle diverse realtà accademiche regionali. La IV Indagine annuale ADI su Dottorato e Post-doc ha messo in evidenza come nel 2013 ci siano state intere regioni in cui le Università hanno reclutato pochissimi RTDa o non li hanno reclutati affatto. Il Governo sembra ignorare l'elemento centrale della questione e cioè che, sempre nel 2013, le 3 regioni che hanno reclutato più RTDa detenevano da sole il 50% dei posti messi a bando in tutta Italia. Ancora una volta si sceglie di aiutare solo le poche realtà accademiche forti del Paese, trascurando l’impatto sul sistema accademico nel suo complesso.
Oltre al suddetto intervento, il DdL (art. 28, co. 29) contiene una misura che intaccherà ulteriormente le possibilità di accesso al ruolo per i giovani ricercatori a tempo determinato. Viene infatti abolito il vincolo contenuto nel DLgs 49/2012 (art. 4, co. 9, l. c) che collegava il reclutamento di RTD di tipo "b" - l'unica figura che tramite un meccanismo di tenure-track prospetta un accesso al ruolo degli strutturati - all'assunzione dei docenti ordinari. Come già osservato in molte altre occasioni, dato il momento di profonda difficoltà economica, gli atenei si orienteranno verso la figura che richiede il minor aggravio e cioè quella del RTD di tipo "a", sprovvisto di tenure track e più precario. Il Governo pensa dunque di ridare impulso al reclutamento di giovani ricercatori aumentando ancora una volta il precariato nelle fasce più deboli della ricerca accademica, rinunciando a fare l'unica cosa veramente utile: semplificare le figure pre-ruolo, come suggerito dallo stesso Consiglio Universitario Nazionale in un suo recente documento.
Per quanto riguarda i fondi, nell’art. 28 comma 16 della Sezione III si prevede un taglio di 34 milioni di euro per il 2015 e di 32 milioni di euro all’anno a partire dal 2016 per il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle università, fondo che dal 2008 a oggi è già stato ridotto dai precedenti Governi del 20% in termini reali. Il nuovo taglio viene mascherato da “razionalizzazione della spesa per beni e servizi da effettuarsi a cura delle università”, all’insegna di una retorica che ricorda la razionalizzazione della Riforma Gelmini e che, nel contesto dell’autonomia di bilancio degli atenei, non assicura che questa misura non colpisca ancora una le componenti più deboli del sistema accademico, in particolare gli studenti e i giovani ricercatori.
In compenso per il 2015 viene aumentata di 150 milioni di euro la quota premiale dell’FFO (Capo III, art. 17, co. 10). Ancora una volta si sceglie l’uso della premialità in un’ottica punitiva, sostituendo le risorse ordinarie con risorse che saranno precluse proprio agli atenei in maggiore difficoltà.
Alla luce di questa legge di stabilità, appare chiaro come il Governo Renzi voglia promuovere meccanismi di finanziamento profondamente discriminatori e forieri di gravi sperequazioni interne al sistema dell’Università e della Ricerca. Allo stesso modo, quella che viene presentata come una ripresa del reclutamento dei giovani ricercatori è in realtà creazione di nuovo precariato, pagato con nuove rinunce sul versante delle garanzie di stabilizzazione.
L'ADI chiede l'immediato ritiro di queste misure preannunciando, in caso contrario, l'adozione di forme di mobilitazione negli atenei italiani.
Pubblicato Sab, 25/10/2014 - 01:16