Valorizzare il dottorato di ricerca nel mondo delle imprese: proposte per una riforma di sistema

Valorizzare il dottorato di ricerca nel mondo delle imprese: proposte per una riforma di sistema

di ADI - Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani e Find Your Doctor

Questo documento presenta una piattaforma aperta per la valorizzazione del dottorato di ricerca nel mondo delle imprese, che ADI e Find Your Doctor offrono al confronto con quanti ne condivideranno premesse e finalità di base. Invitiamo tutte le organizzazioni, fondazioni, soggetti istituzionali e singoli colleghi a contribuire attivamente alla definizione, arricchimento e miglioramento di questa piattaforma, dando la propria adesione a questo percorso e inviandoci commenti e idee all’indirizzo valorizzazioneatdottorato [dot] it.

Più siamo, più contiamo!

 

Che cos’è ADI?

L’ADI è l’Associazione rappresentativa dei Dottorandi e Dottori di ricerca Italiani, presente su tutto il territorio nazionale con 34 sedi. ADI lavora per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei dottorandi, dei dottori di ricerca e dei ricercatori precari in Italia, per estendere i loro diritti e per valorizzare il titolo di dottore di ricerca nel settore pubblico, accademico e non, e nel settore privato.

Che cos’è Find Your Doctor?

Find Your Doctor (FYD) è un servizio di job placement, orientamento e formazione dedicato esclusivamente ai dottori di ricerca. Progettato specificatamente in funzione delle caratteristiche di questa classe di professionisti, si pone come obiettivo quello di rendere le competenze dei dottori di ricerca più accessibili e apprezzabili per il mondo imprenditoriale, integrando l’attività di job-matching con la consulenza all’impresa. FYD è stato pensato in risposta a due principali problematiche: la difficile transizione dei dottori di ricerca fuori dall’accademia, resa necessaria dall’incapacità delle università di assorbire tutte le risorse che forma, e la difficoltà delle imprese nel fare innovazione, determinata da una scarsa consapevolezza delle figure necessarie per farlo.

 

Indice

 

Introduzione

Fra i diversi mali che affliggono il dottorato di ricerca in Italia si parla sempre troppo poco, e il più delle volte con superficialità, dei problemi relativi agli sbocchi occupazionali e alle condizioni di lavoro dei dottori di ricerca nel settore privato - una cartina di tornasole della più ampia questione che interroga il rapporto fra Università, ricerca e sistema produttivo.

Le proiezioni della VII Indagine nazionale ADI su Dottorato e Post-Doc mostrano che - con i numeri attuali del reclutamento universitario - più del 90% dei ricercatori nella fase iniziale della loro carriera abbandonerà l’Università dopo un percorso fatto di contratti precari che può durare fino a 12 anni. Il sottofinanziamento strutturale dell’Università e il mancato ricambio generazionale nel personale di ruolo rappresentano la prima, cronica, emergenza che mette a rischio la sopravvivenza dell’intero sistema della formazione e della ricerca: è necessario dunque dare priorità ad un piano di rifinanziamento e reclutamento in grado di riportare il personale docente almeno ai livelli del 2008.

Rimane sul tavolo una domanda di fondo: in che modo i settori pubblico e privato del nostro Paese sono in grado di mettere a frutto le competenze accumulate dai dottori di ricerca?

Dai dati attualmente reperibili sugli sbocchi professionali dei dottori di ricerca emerge un quadro composito, sebbene assai lacunoso. L’Indagine Istat 2014 “L’inserimento professionale dei dottori di ricerca” mostra un alto tasso di occupazione per i dottori di ricerca (91,5%). A ben vedere, però, gran parte di questa occupazione è fatta di contratti temporanei, quali borse e assegni di ricerca (27,2%), lavori a progetto e prestazioni occasionali (10,5%), contratti a tempo determinato (15,4%), mentre il lavoro autonomo si attesta al 15% (Indagine Istat 2014: 1-2). Più del 70% dei dottori di ricerca della coorte del 2010 lavora con contratti di part-time involontario, marcando un dato in crescita rispetto al 2008 (p. 5). Infine, nonostante gli alti livelli di occupazione, “oltre un terzo dei dottori di ricerca non rifarebbe lo stesso corso di dottorato (39,3%), adducendo quale motivo principale l’insoddisfazione per gli sbocchi professionali offerti dal titolo (51,3%)” (Indagine Istat 2014: 12). Secondo il report 2017 di AlmaLaurea sulla “Condizione occupazionale dei dottori di ricerca”, oltre il 56% dei dottori di ricerca è occupato nel settore pubblico, mentre il settore privato ne assorbe il 39% e la restante parte è impiegata nel no-profit (4%). Solo l’11% dei dottori di ricerca del campione intervistato è impiegato nel settore industriale (AlmaLaurea 2017: 17). Malgrado nel breve periodo il salario dei dottori di ricerca sia superiore rispetto a quello dei laureati, uno studio mostra come il premio salariale si riduca nel lungo periodo (Argentin, Ballarino e Colombo, 2014). Poco sappiamo, infine, delle condizioni lavorative e dell’effettiva valorizzazione dei dottori di ricerca negli sbocchi professionali extra-accademici: aspetti cruciali sui quali auspichiamo che nuove e più approfondite indagini possano fare luce.

Dalle informazioni oggi disponibili emerge dunque un quadro poco confortante: la grande maggioranza dei dottori di ricerca è occupata con contratti precari; più della metà è insoddisfatta dello sbocco professionale offerto dal dottorato; il settore privato assorbe meno del 40% dei dottori di ricerca e, al suo interno, l’industria ne impiega solo un quarto. I dottori di ricerca vengono scarsamente o per nulla valorizzati con il loro bagaglio di competenze e conoscenze nel sistema produttivo e imprenditoriale: una mortificazione per quello che nel nostro ordinamento è l’ultimo e più elevato grado di formazione, ma anche per l’intero sistema Paese, che non è in grado di mettere a sistema una risorsa strategica per l’innovazione e lo sviluppo del tessuto socio-economico nazionale.

La mortificazione del dottorato di ricerca inizia con il mancato riconoscimento del dottorato di ricerca come esperienza lavorativa, fatto che contribuisce alla percezione del dottore di ricerca come risorsa ancora incapace di autonomia nell’organizzazione del lavoro, nella gestione di progetti e gruppi di persone.

In realtà l’attività svolta durante il dottorato è equiparabile, in termini di responsabilità e competenze, a quella lavorativa. La normativa vigente, infatti, definisce come lavoratore “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di intraprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari” (D. Lgs. 81/08 art. 2 comma 1 lettera a).

Oltretutto lo status attuale del dottorando come “studente” appare in forte contraddizione con gli obblighi che lo stesso dottorando è tenuto ad osservare. Ad esempio, vi è l’obbligo di frequentare un corso sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (D. Lgs. 81/08), che prevede anche il superamento di un esame, e sul piano fiscale, il dottorando è tenuto ad iscriversi alla gestione separata INPS come un lavoratore parasubordinato.

Le misure messe in campo per far fronte a questa situazione sono risultate del tutto insoddisfacenti. A livello governativo, i provvedimenti adottati a partire dal 2013 al fine di favorire l’assunzione nelle imprese di personale in possesso del titolo di dottore di ricerca non hanno definito un canale per il reclutamento di ricercatori nelle imprese, ma solo sgravi fiscali a carattere temporaneo. Similmente è accaduto con PhD ITalents, progetto triennale gestito dalla Fondazione CRUI su incarico del MIUR e in partenariato con Confindustria: malgrado l’intenzione di avvicinare il mondo accademico e il mondo delle imprese, il bando è risultato ampiamente insufficiente per risorse stanziate, rendendo il “placement” più simile ad una “lotteria” che ad una selezione per merito.

La principale debolezza che lega come un filo rosso le risposte avanzate dai governi e dai privati è identificabile in un improvvido schiacciamento della problematica sul versante dell’offerta dei dottori di ricerca; a nostro avviso, invece, il principale problema è esattamente l’opposto: la mancanza di domanda di dottori di ricerca da parte del settore imprenditoriale italiano. L’assunto implicito di tali misure, infatti, è che l’offerta di dottori di ricerca è alta, ma le imprese non li assumono primariamente per via dei costi fiscali elevati. Da questa ipotesi derivano politiche atte ad abbassare i costi per incentivare le assunzioni, con scarsa attenzione alla contrattualizzazione dei giovani ricercatori e ai meccanismi di controllo della qualità dell’impiego offerto.

Numerose ricerche, tuttavia, hanno mostrato che i livelli degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione (di prodotto e di processo) del settore produttivo italiano, e in particolare da parte delle PMI, sono molto bassi. Tale condizione suggerisce che le imprese italiane non sentano il bisogno di assumere dottori di ricerca, determinando una bassa domanda delle loro competenze.

In questo quadro, dunque, appare evidente che il rapporto virtuoso tra dottorato e imprese non può ridursi a successive ondate di sgravi fiscali per le imprese: per essere efficaci queste misure devono essere inquadrate all’interno di politiche più ambiziose sul versante della domanda di innovazione nel mondo delle imprese, che faranno crescere la domanda di dottori di ricerca.

Date queste premesse, è dunque necessario portare alla luce le capacità e i risultati ottenuti dai dottori di ricerca dentro e fuori l’Università, al fine di favorire una percezione positiva e dinamica del dottore di ricerca come figura capace di coordinare azioni di innovazione e perfettamente inseribile in un contesto aziendale moderno.

ADI è impegnata da tempo in campagne nazionali per la valorizzazione del dottorato nell’istruzione superiore e nella Pubblica Amministrazione. Questa piattaforma, costruita con la collaborazione di Find Your Doctor, intende invece offrire alla discussione pubblica e ai decisori politici alcune linee guida programmatiche e ipotesi concrete per la costruzione di una proposta di riforma complessiva che punti a valorizzare adeguatamente il dottorato di ricerca nel mondo delle imprese, come risorsa di primaria rilevanza per lo sviluppo del Paese.

Le proposte qui avanzate prendono forma dalla constatazione dell’insufficienza e parzialità delle risposte adottate negli ultimi anni per creare una connessione virtuosa tra dottorato di ricerca e imprese, sia da parte dei governi succedutisi alla guida del Paese sia dei privati.

 

Le nostre proposte

Per far fronte ai problemi discussi, ADI e Find Your Doctor propongono una serie di iniziative che mirano non solo a migliorare concretamente la situazione attuale, ma anche a ripensare alla figura del dottore di ricerca in chiave sistemica, per favorire una reale valorizzazione del suo ruolo.

Le proposte di ADI-FYD per la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca nelle imprese si articolano sui seguenti cardini:

  1. Formazione. Prevedere, durante il dottorato di ricerca, corsi che favoriscano la conoscenza del mondo del lavoro extra-accademico e che siano in grado di indirizzare le competenze trasversali naturalmente acquisite durante il percorso anche verso i settori pubblico e privato.

  2. Autonomia professionale. Modifiche normative nei Regolamenti di Ateneo che facilitino l’imprenditorialità dei dottori di ricerca anche all’interno degli Atenei stessi, ad esempio mediante la costituzione di spin-off da parte del personale non strutturato.

  3. Job placement. Creazione di canali dedicati all’interno dei career day universitari e nei centri per l’impiego, capaci di mettere in contatto l’industria che intende fare innovazione con i dottori di ricerca che abbiano le competenze richieste.

  4. Sostegno all’innovazione. Gli incentivi alle imprese devono essere erogati a valle di processi di selezione trasparenti e meritocratici, in modo da attuare una scelta mirata dei progetti da finanziare, evitando l’elargizione di sgravi fiscali per progetti non innovativi e/o che non prevedano la partecipazione di figure altamente qualificate come i dottori di ricerca. Inoltre, proponiamo l’introduzione di incentivi e sgravi fiscali per l’imprenditorialità dei dottori di ricerca, ad esempio per la costituzione di startup innovative.

  5. Istituzione della figura professionale del dottore di ricerca inquadrata nel contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) anche al di fuori degli enti di ricerca e delle università.

  6. Investimenti. Piano di investimenti pubblici su ricerca, sviluppo e innovazione.

 

Formazione

Orientamento per i dottorandi e dottori di ricerca

I dottori di ricerca concentrano la propria peculiarità nel tipo di formazione avanzato che hanno acquisito alla fine del loro percorso dottorale. Da un lato questo aspetto favorisce la loro percezione come specialisti in un determinato settore; dall’altro, complice la scarsa conoscenza del dottorato da parte del mondo extra-accademico italiano, tale specializzazione viene intesa come un limite alla capacità di gestire problematiche diverse da quelle collegate all’attività di ricerca. Pertanto, al fine di integrare l’offerta formativa nei percorsi di dottorato si propone di istituire attività strutturate all’interno dei corsi obbligatori (e non solo legate ai career days) di formazione e orientamento al lavoro per i dottori di ricerca, che li preparino a valorizzare le proprie competenze fuori dal mondo accademico.

Tali attività dovrebbero essere inserite tra le proposte di corsi trasversali che molte Università hanno impostato in questi anni, sotto la pressione delle linee guida europee sull’employability.

Questa formula è stata sperimentata con successo da Find Your Doctor all’interno dei corsi trasversali di alcune scuole di dottorato in Lombardia e Piemonte. Anche i numerosi momenti di informazione promossi da ADI su questa tematica presso numerose Università italiane hanno ottenuto riscontri molto positivi.

La qualità dell’offerta formativa e di orientamento al lavoro nei percorsi di dottorato dovrà essere valutata a livello nazionale, con l’obiettivo di armonizzarla tra i vari atenei e di renderla quanto più possibile efficace. A tal fine sarà importante coordinare gli sforzi di atenei, scuole di dottorato e singoli dipartimenti sul tema.

 

Comunicazione con le imprese e incrocio domanda/offerta

Le imprese che operano in Italia devono maturare piena consapevolezza del valore aggiunto del dottore di ricerca nell’innovazione dei processi produttivi. A questo fine, è opportuno che gli Atenei moltiplichino le occasioni di comunicazione e formazione che coinvolgano dottori di ricerca e imprenditori.

In questo quadro, devono essere promossi tavoli di confronto con una regia pubblica, che coinvolgano i principali attori pubblici e privati del territorio, fra cui le Camere di commercio, Confindustria, agenzie di lavoro con canali dedicati, incubatori e poli tecnologici, per instaurare una comunicazione attiva sul ruolo del dottore di ricerca nell’industria e favorire i processi di incontro tra domanda e offerta.

 

Autonomia professionale

Molti Atenei sono fortemente propensi a sostenere iniziative di impresa o di ricerca e sviluppo che nascono al loro interno. Gli uffici di trasferimento tecnologico (industrial liaison office) sono ormai comuni, e si moltiplicano le iniziative-ponte tra incubatori di impresa e start-up (nuove imprese fortemente innovative);  si incentiva la costituzione di spin-off (imprese nate da progetti di ricerca i cui soci sono personale strutturato e precari in seno ai Dipartimenti), il ricorso ai brevetti, e ai fondi e alle borse di ricerca finanziati da soggetti privati. Si tratta di un punto di partenza interessante, e auspichiamo che questa attenzione si estenda presto a tutti i settori scientifico-disciplinari: se infatti il settore tecnologico e industriale appare più immediatamente appetibile a iniziative di questo genere, dottorandi e dottori di ricerca provenienti da altri ambiti possono, con le loro competenze, contribuire in modo strategico allo sviluppo del sistema impresa.

L’apertura degli Atenei verso il mondo industriale offre dunque al personale di ricerca la possibilità di mettersi in luce e attrarre le imprese che abbiano bisogno di nuovi servizi e di innovazione. Tuttavia, l’affidamento esclusivo di tutte le attività di trasferimento tecnologico al personale strutturato inibisce la maturazione e la responsabilizzazione dei giovani ricercatori, che si ritrovano spesso tra l’incudine e il martello degli interessi di due soggetti, quello industriale e quello accademico, entrambi co-finanziatori di borse e assegni di ricerca, in cui il proprio ruolo, i doveri e i diritti non sono chiari.

La nostra proposta mira a fornire ai dottorandi e ai dottori di ricerca gli strumenti normativi adeguati affinché possano:

  • usufruire delle potenzialità di incubazione dell’Ateneo attraverso la costituzione di spin-off che non abbiano necessità di integrare figure strutturate nella compagine societaria o nella domanda di proposta all’ateneo, nel caso in cui siano nelle condizioni di avviare una proposta imprenditoriale innovativa sviluppata in autonomia;

  • essere inclusi formalmente insieme al responsabile scientifico del Dipartimento nella convenzione/accordo di collaborazione, nel caso in cui i fondi privati per attività di ricerca conto terzi, o per assegni e borse di ricerca, siano stati da loro reperiti.

La scarsa stabilità contrattuale del personale di ricerca non strutturato pone seri problemi alla continuità degli spin-off accademici, problemi tanto più gravi qualora lo spin-off sia costituito, come nella nostra proposta, da soli dottorandi e dottori di ricerca. Per superare questa difficoltà, è auspicabile che siano messi a disposizione contratti di ricerca di durata almeno triennale, che garantiscano la possibilità di sostenere lo spin-off nelle sue prime fasi di vita. Similmente, i ricercatori non strutturati devono essere messi nelle condizioni di portare finanziamenti al Dipartimento di afferenza, così da poter beneficiare di una certa aliquota di spesa in autonomia, che permetta loro di investire in attrezzature e formazione.

Uno strumento ulteriore potrebbe essere quello di studi di consulenza verso l’esterno, anche inter-dipartimentali, che potrebbero permettere al personale di ricerca non strutturato di supplire alle necessità di ricerca di terzi, reperendo le competenze all’interno del dipartimento e formando temporanei legami di lavoro con altri colleghi in una sorta di studio associato, ove siano essi stessi responsabili dei fondi di ricerca ottenuti per loro capacità. Come tutti i contratti conto terzi, la struttura percepirebbe una percentuale a sostegno delle spese infrastrutturali, dal momento che fornisce gli spazi, le attrezzature e i servizi necessari allo svolgimento del lavoro.

 

Job Placement

Job Placement e Career Days per i dottorandi e dottori di ricerca

Gli Atenei sono sempre più attivi nell’attività di job placement e nell’organizzazione di giornate di incontro con le imprese. Queste giornate prevedono tavole rotonde, presentazioni aziendali, speed-date tra aziende e giovani, seminari sulla scrittura del curriculum, etc.

Tuttavia, reputiamo che nel caso del dottorato di ricerca non venga compiuto uno sforzo adeguato. Il più delle volte gli uffici di job placement all’interno degli Atenei non tengono conto delle specificità dei dottorandi e dottori di ricerca, i quali vengono inseriti in attività e iniziative rivolte a studenti e neo-laureati. Generalmente, le iniziative ad hoc per i dottori di ricerca si limitano a poster-session in cui il dottorando presenta il proprio lavoro, con scarsa partecipazione aziendale.

Riteniamo necessario, pertanto, promuovere iniziative di collocamento che diano spazio e visibilità anche ai dottorandi e ai dottori di ricerca. Questo significa:

  • creare negli uffici di Job Placement di tutti gli Atenei un’area dedicata a dottorandi e dottori di ricerca;

  • promuovere career days dedicati i dottori di ricerca.

 

Banca dati dei PhD e job-matching

È necessario introdurre a livello nazionale strumenti che possano rendere effettiva e funzionale l’attività di job placement. In questo senso va considerata la costruzione di un sistema di gestione dei profili dei dottori di ricerca italiani (nella forma di una banca dati, da collegare all’attività di job-matching) sovraordinato rispetto ai singoli Atenei e Istituti di ricerca, coordinato a livello nazionale ed interfacciato con gli uffici placement degli Atenei. Tale sistema mira a superare i limiti territoriali e aprire nuove opportunità non solo ai dottorandi in cerca di un potenziale primo impiego, ma anche ai dottori di ricerca che hanno bisogno di ricollocarsi in stadi successivi al percorso accademico.

In questo senso, si propone di valutare la messa a sistema di best-practices innovative già esistenti sul territorio nazionale: si veda ad esempio il progetto Find Your Doctor, agenzia del lavoro dedicata ai dottori di ricerca e partner di ADI, che già rappresenta un prototipo funzionante di gestione sovraordinata di detti profili. Come suggerito dai risultati positivi del progetto Find Your Doctor, un modello di job placement che unisca in modo innovativo  le attività di collocamento con la consulenza all’impresa sul fronte del trasferimento tecnologico può dimostrarsi efficace, poiché mostra alle aziende le reali potenzialità del dottore di ricerca. Parallelamente al job placement, iniziative di carattere informativo e altri interventi a sostegno di valorizzazione e impiego dei dottori di ricerca contribuiscono a superare le barriere culturali che costituiscono una delle cause della scarsa domanda di dottori di ricerca. È evidente la complessità richiesta dalla creazione ex novo di un ufficio istituzionale in grado di analizzare capillarmente le esigenze delle imprese e gestire il placement. Suggeriamo dunque di valorizzare il know-how già sviluppato nelle iniziative esistenti.

Propedeutica a tutto ciò è la promozione di una raccolta dati (per esempio in collaborazione con ANPAL) finalizzata a tracciare i ruoli ricoperti dai dottori di ricerca assunti fuori dalle istituzioni accademiche in Italia, allo scopo di intraprendere azioni concrete e mirate di orientamento dei dottori di ricerca e di informazione all’impresa rispetto alla spendibilità del titolo (per esempio in occasione di career days). Infatti, nonostante esistano report ISTAT e altre indagini dedicate alle carriere dei dottori di ricerca, i dati sono solitamente raccolti ed aggregati con scopi diversi dalla valorizzazione del titolo di dottore di ricerca.

 

Riforma dei centri per l’impiego

Nel quadro di questo approccio sistematico alla valorizzazione del dottore di ricerca, i centri per l’impiego andrebbero riformati in modo da prevedere canali specifici dedicati ai dottori di ricerca. Gli uffici specializzati per l’impiego dei dottori di ricerca dovrebbero coordinarsi con le banche dati e le strutture di job-matching organizzate a livello nazionale, proposte nel punto precedente.

 

Sostegno all’innovazione

Incentivi vincolati all’assunzione, tirocini e stage

La nostra convinzione è che gli incentivi di tipo economico e fiscale, funzionali all’inserimento di dottori di ricerca nelle imprese, debbano essere mirati a progetti di ricerca validi e originali, con uno stretto controllo sulla loro effettiva implementazione. Il focus di tali incentivi deve essere quello di costituire un canale stabile per l’ingresso dei dottori di ricerca nel mondo del lavoro, e non di offrire temporanei vantaggi fiscali alle imprese. In questo senso, è necessario agire anche sul fronte dei tirocini, degli stage e delle varie specie di contratti a tempo determinato finalizzati all’assunzione dei dottori di ricerca da parte delle imprese. In primo luogo, la retribuzione deve essere congrua al livello di qualificazione dei dottori di ricerca e le mansioni devono essere in linea con le loro competenze e potenzialità. Inoltre, tali contratti devono offrire sufficienti garanzie di assunzione a tempo indeterminato all’interno delle imprese al termine del periodo di inserimento.

 

Incentivi all’imprenditorialità dei dottorandi e dottori di ricerca

Al fine di favorire l’imprenditorialità dei dottorandi e dottori di ricerca, tenuto conto dei rischi associati alla costituzione di una impresa come prima esperienza, si reputano indispensabili degli incentivi concreti, a fondo perduto o a tasso agevolato, per la nascita e l’avviamento dell’impresa e rimodulati nei primi anni di vita della stessa sotto forma di sgravi fiscali.

 

Figura professionale del dottore di ricerca

Il dottorato di ricerca nei CCNL

Il dottore di ricerca è una figura professionale ibrida, capace di applicare nozioni e metodologie acquisite durante il percorso di dottorato allo sviluppo di nuovi prodotti, processi e servizi in chiave industriale. Questo può rappresentare un indubbio valore aggiunto per le PMI, che costituiscono la struttura portante del sistema industriale italiano. Considerare nei CCNL la figura del dottore di ricerca anche al di fuori degli enti di ricerca e delle università può determinare una valorizzazione sostanziale e formale dei dottori di ricerca nel settore privato.

Alla base di questa misura vi deve essere la corretta consapevolezza da parte delle PMI delle capacità legate a questa figura, riconducibili sia al percorso di alta formazione sostenuto, sia al metodo acquisito nell’approccio alla risoluzione dei problemi. A tal fine, è necessaria l’implementazione di una campagna di comunicazione, promossa a livello ministeriale (MIUR, MISE) e attuata dall’Università e da tutti gli Enti e le Associazioni coinvolti, per veicolare in modo capillare e corretto i vantaggi legati all’assunzione dei dottori di ricerca, che devono essere riconosciuti anche in modo formale nell’inquadramento lavorativo.

 

Mission del dottorato

Al fine di riconoscere e valorizzare adeguatamente le multiple competenze derivanti da un percorso dottorale, non necessariamente circoscrivibili al solito ambito della ricerca, si propone di emendare l’art.4, comma 1 della Legge 210/1998, che definisce appunto gli obiettivi dei corsi di dottorato di ricerca, come segue (emendamento in grassetto):

«I corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca, creazione e gestione di nuova conoscenza, prodotti, processi, metodi e sistemi ed in generale per essere coinvolti nella concezione e conduzione di progetti di alta qualificazione».

 

Piano di investimenti pubblici e sistema della ricerca applicata

Rifinanziamento Università e R&S

Come rileva l’ultima indagine Istat, l’Italia ha speso in Ricerca e Sviluppo solo l’1,29% del Pil nel 2016, contro il 2,03% della media europea. A questo si aggiunge una spesa sul capitolo dell’istruzione fra le più basse nei Paesi Ocse, con una media del 4% del Pil, contro la media Ocse del 5,2%, e in calo del 7% rispetto al 2010. Senza un ri-finanziamento strutturale che metta al centro l’Università e la Ricerca come volano per lo sviluppo del Paese, nessuna strategia di integrazione fra dottorato di ricerca e mondo delle imprese potrà sortire effetti di sistema nel medio-lungo periodo. Per questo è necessaria una profonda inversione di rotta, con un piano di finanziamento che porti la spesa su istruzione e R&S in rapporto al PIL ai livelli medi degli altri paesi europei.

 

Cassa Depositi e Prestiti per la promozione del dottorato di ricerca nel mondo imprenditoriale

Nel quadro degli strumenti di investimenti della Cassa Depositi e Prestiti, si auspica la creazione di un canale di finanziamento ad hoc per promuovere l’imprenditorialità autonoma dei dottori di ricerca e l’ampliamento dell’offerta dottorale nei settori industriali e della ricerca applicata, attraverso un fondo dedicato. Tale canale di finanziamento potrebbe essere incardinato, in alternativa, all’interno del Fondo per l’Innovazione Tecnologica, del Fondo per la Crescita sostenibile e del Fondo per le Imprese sociali della CDP, con progetti mirati dedicati ai dottorandi e ai dottori di ricerca.

 

Finanziamento e organizzazione di un sistema della ricerca applicata

Parallelamente a un rifinanziamento per la ricerca di base, l’Italia ha bisogno di sviluppare un sistema di ricerca applicata per l’implementazione di progetti ad alto contenuto di innovazione, attraverso un coordinamento del sistema dell’Università, degli enti pubblici di ricerca, delle principali istituzioni di ricerca private, e del sistema delle grandi e piccole aziende impegnate nella ricerca. La creazione di una rete organizzata che connetta ricerca e impresa richiede un finanziamento adeguato e deve diventare priorità nei processi di innovazione promossi nel quadro del modello Industria 4.0.