Unico percorso post-doc e più soldi: ADI audita alla Camera

Alla cortese attenzione della

VII Commissione Cultura
Scienza e Istruzione
Camera dei Deputati
Piazza di Montecitorio 1, Roma

Roma, li 18 giugno 2024

Memoria scritta dell’ADI - Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in Italia relativo al disegno di legge C. 1902, di conversione del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, recante disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca.

Onorevoli deputate, onorevoli deputati, 

Limitatamente all’ambito di interesse dell’ADI - Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in Italia, che da oltre venticinque anni rappresenta i precari e le precarie della ricerca in tutti gli organi accademici, nazionali e locali, l'art. 15 del presente decreto-legge disciplina la proroga dell’istituto degli assegni di ricerca, sì come previsto precedentemente alla novella del 2022.

Com’è noto, l’assegno di ricerca è previsto dall’art. 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. L’istituto, di durata minima annuale, comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro di tipo parasubordinato, generalmente raffigurabile come una collaborazione coordinata e continuativa, tra l’istituzione accademica o della ricerca e il vincitore del concorso per lo svolgimento di specifiche attività di ricerca. L’assegno di ricerca è inoltre conferibile a soggetti privi del titolo di dottore di ricerca, dando luogo a distorsioni nel suo impiego e al paradosso che il più alto titolo di studio del sistema universitario non sia necessariamente e obbligatoriamente idoneo all’accesso ad attività di ricerca. Sulla base del comma 7 del medesimo articolo, l’importo minimo lordo è fissato dal decreto ministeriale 9 marzo 2011, n. 102 in 19.367,00 euro.

L’istituto dell’assegno di ricerca è stato più volte oggetto dell’analisi dell’ADI. Come rilevato nella IX Indagine ADI, contenente rilevazioni inedite sulle condizioni di vita e di lavoro degli assegnisti di ricerca nel comporta pubblico italiano, sulla base di oltre 2.000 risposte fornite da assegnisti di ricerca (15% del totale nazionale) attraverso un questionario somministrato nei mesi di novembre e dicembre 2019, l’assegno di ricerca presenta preoccupanti caratteristiche di intermittenza. Nel 27% dei casi, all’assegno segue un periodo di disoccupazione prima dell’inizio di un successivo assegno, con picchi del 31% e del 33% rispettivamente al Centro e al Sud-Isole. Nel 55% dei casi, i periodi di disoccupazione superano i sei mesi.

Pervertendo la connotazione volta all’esclusivo svolgimento di attività di ricerca, il 77% degli assegnisti dichiara di svolgere attività di docenza a titolo gratuito, nelle more di una condizione lavorativa che spinge il 53% dei rispondenti a oltre 40 ore di lavoro settimanali. Il 67% dei rispondenti intenzionati ad avere figli dichiara di aver sospeso il proprio progetto di genitorialità in attesa di condizioni di vita più stabili.

Alla IX Indagine ADI ha fatto seguito l’Indagine conoscitiva sulla condizione studentesca nelle università e il precariato nella ricerca universitaria, approvata all’unanimità dalla VII Commissione del Senato nel corso della XVIII Legislatura. In tale sede, l’assegno di ricerca è stato denunciato come paradigma della precarietà, strumento strutturalmente sprovvisto di qualsivoglia meccanismo di continuità di carriera nonché di idonee garanzie contrattuali minime e uniformi, dipendente dalla disponibilità di risorse di ateneo e dalle specifiche esigenze dei finanziatori esterni. La proposta ivi contenuta e sostenuta unanimemente dai vari portatori di interesse era l’istituzione di una figura unica post-dottorale a contratto, sostitutiva sia dell’assegnista di ricerca che del ricercatore a tempo determinato di tipo A, previsto dall’art. 24, comma 3, lett. a, l. 240/2010 (cfr. Indagine conoscitiva Senato 2021, p. 94).

La legge 29 giugno 2022, n. 79, ha recepito molte delle proposte dell’Indagine conoscitiva, attuando una semplificazione del sistema di reclutamento universitario (c.d. pre-ruolo). Si prevede, infatti, l’istituto del contratto di ricerca, sola figura pre-ruolo in sostituzione tanto dell’assegno di ricerca quanto dell’rtd-a, e una figura da ricercatore a tempo determinato in tenure track (c.d. RTT), idonea all’immissione nel ruolo di professore associato allorquando il titolare della posizione sia in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale.

Il pre-ruolo universitario subirebbe notevoli mutamenti: il contratto di ricerca, di durata almeno biennale e conferibile solo a soggetti con il titolo di dottore di ricerca, prevede l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, con le tutele giuslavoristiche, previdenziali e assistenziali di cui l’assegno di ricerca era strutturalmente privo. La retribuzione, non inferiore a quella del ricercatore confermato a tempo definitivo, sarà stabilita in sede di contrattazione collettiva. La figura dell’RTT, di durata sessennale e accessibile con il solo requisito del dottorato di ricerca, valorizza il giovane dottore di ricerca subito dopo il conferimento del titolo. Da ciò deriverebbe un più cosciente impiego delle risorse economiche e della forza lavoro, premiando soggetti che abbiano già completato con successo il percorso di dottorato e riducendo la durata del precariato universitario a un massimo di dieci anni, contro i precedenti quattordici. Ciò risponde anche all’esigenza di abbassare l’età media del personale universitario, attualmente di quarantun’anni per un rtd-b, figura prevista per l’immissione nel ruolo di professore associato.

Come mostrato in Fig. 1, il sistema pre-ruolo precedente alla l. 79/2010 ha provocato un drammatico e costante aumento dell’età media dei ricercatori a tempo determinato di tipo a e di tipo b, con grave e generale nocumento per la qualità della didattica e della ricerca erogate e a danno dei soggetti più capaci e meritevoli che il sistema-Paese è in grado d’esprimere.

(Fig. 1, elaborazione ADI su dati USTAT-MUR)

 

Complessivamente, si nota infatti che l’età media degli RTD sia cresciuta annualmente dal 2011 da 37 anni fino a 40, con un’età media di circa 43 anni al momento del passaggio al ruolo di professore associato. Considerato che l’età media al momento del conseguimento del titolo di dottorato è di circa 31 anni, la durata della fase di precariato post-dottorale si è quindi progressivamente avvicinata al limite dei 12 anni previsto dalla legge 240. Il basso numero di posizioni stabili non consente la complessiva stabilità del sistema, ma porta a un continuo innalzamento dei requisiti di accesso, con un serbatoio di precarietà storica sempre più capiente.

TANTO PREMESSO

Si ritiene che la proroga disposta dall’art. 15 del presente decreto-legge, che fa seguito alla proroga già prevista dall’art. 6, legge 23 febbraio 2024, n. 18 (Milleproroghe 2023) e la relazione illustrativa al decreto-legge in esame rivelino la volontà politica di frammentare nuovamente il pre-ruolo universitario e della ricerca attraverso «strumenti efficaci per creare figure e posizioni contrattuali flessibili, a seconda dei diversi livelli di expertise, per rispondere alle esigenze concrete del mondo accademico e della ricerca».

Si ravvisa come tale volontà era già emersa con l’adozione del Decreto ministeriale 5 ottobre 2023, n. 1310, il quale ha istituito inaudita altera parte un gruppo di lavoro «in materia di contratti e assegni di ricerca [...] con il compito di analizzare le disposizioni normative e provvedere a formulare proposte per il riordino, il coordinamento e la razionalizzazione delle norme vigenti». Tale gruppo di lavoro, i cui lavori si sono conclusi il 31 marzo 2024, era composto da personalità del mondo della ricerca già strutturate e da tecnici ministeriali, senza dunque la necessaria e fondamentale presenza dei lavoratori precari della ricerca ovvero delle rappresentanze istituzionali del mondo universitario, che avrebbero potuto essere selezionate dal Ministero per una ricognizione della disciplina che regola il pre-ruolo.

Si manifesta con grave contrarietà il totale disinteresse da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca all’ascolto delle rappresentanze dei precari e dei precari, come pure degli attori istituzionali riconosciuti (Consiglio Universitario Nazionale, Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari).

Si auspica un costruttivo confronto con la ricevente Commissione nelle more dell’intervento normativo annunciato, con la speranza che gli onorevoli deputati e le onorevoli deputate sappiano adeguatamente raccogliere le aspettative, i bisogni e le preoccupazioni che questa Associazione rappresenta verso il preannunciato riordino delle figure pre-ruolo. Ogni eventuale proposta di riforma che alteri la carriera di ricerca, sotto il surrettizio auspicio della mobilità e della flessibilità, attraverso l’introduzione di una pletora di figure intermittenti e precarie, oltretutto non riservate ai dottori di ricerca, verrà rigettata dai precari e dalle precarie della ricerca, che ogni giorno prestano il proprio lavoro negli atenei e nei centri di ricerca del Paese senza l’adeguato riconoscimento di dignitose tutele di lavoro previste nel contesto europeo.
 

Dott. Davide CLEMENTI
Vicesegretario nazionale 
ADI - Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in Italia

Rappresentante dei dottorandi di ricerca
Consiglio Universitario Nazionale
Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari