Corsi, ricorsi, concorsi e altri problemi della ricerca in Italia

Corsi, ricorsi e concorsi: i problemi della ricerca in Italia

La nomina di Dino Giarrusso, ex inviato del programma televisivo Le Iene, alla segreteria particolare del sottosegretario al MIUR Lorenzo Fioramonti ha scatenato nei giorni scorsi molte polemiche. Da più parti si è fatto notare come Le Iene abbiano spesso diffuso pregiudizi antiscientifici e vere e proprie bufale; altri si sono divertiti a spulciare il curriculum di Giarrusso evidenziandone l’inesperienza sui temi universitari. Pochi sono andati oltre le critiche rivolte alla persona e al dibattito sulla sua preparazione o meno a ricoprire il ruolo in questione.

Non è strano che un sottosegretario scelga come collaboratore un esperto di comunicazione e televisione, vista l’importanza che i media rivestono nella politica. È invece singolare la decisione di affidare a Giarrusso il ruolo di dirigere (citiamo direttamente Fioramonti) «un “osservatorio” sui concorsi nell'università e negli enti di ricerca», con il compito di «ricevere, leggere, vagliare ed eventualmente passare alle autorità del Ministero le tante segnalazioni sui concorsi che oggi arrivano direttamente a me e che io non ho tempo e modo di valutare».

È proprio sul merito di questo “osservatorio” che vorremmo concentrarci. Lo stesso Dino Giarrusso ha dichiarato, in una sua intervista al Corriere della Sera , che non è in programma la costituzione di alcun ufficio dedicato alla vigilanza sui concorsi universitari. Che l’osservatorio non sia in via di costituzione non ci sorprende, dato che spetta alla magistratura vigilare e valutare la legittimità o meno di ogni singola selezione concorsuale.

Resta però grave che il collaboratore di un sottosegretario possa passare al vaglio tutti i concorsi nel settore della ricerca, riferendo su di essi ad una autorità del Ministero: tale procedura configura una gravissima e indebita intromissione della politica nella selezione dei futuri docenti universitari. Intromissione simile a quella tentata dal Governo Renzi per la selezione delle Cattedre Natta, con commissioni nominate dalla Presidenza del Consiglio; una misura poi messa in stand-by tra le proteste unanimi del mondo universitario. I due provvedimenti sono un perfetto esempio di misure inutili e dannose per la cura delle vere malattie dell’Università italiana.

Esiste senz’altro un problema relativo alla gestione dei concorsi universitari, in troppi casi scarsamente trasparenti e meritocratici. Un intervento politico, tuttavia, non risolverebbe il problema ma rischierebbe di aggravarlo, facendo rispondere i concorsi a logiche del tutto estranee a quelle scientifiche.

Per affrontare seriamente il problema è indispensabile cominciare dagli strumenti che sono già a disposizione dei cittadini e della comunità accademica, a cominciare dal whistleblowing. La tutela di chi denuncia illeciti o irregolarità va estesa immediatamente a tutti i dottorandi e ai ricercatori precari, e vanno rafforzate le sanzioni per chi ignori le segnalazioni. È poi necessario intervenire sul meccanismo di accesso alla docenza universitaria, operando una netta semplificazione delle norme in merito allo scopo di ridurre le zone d’ombra e di favorire la trasparenza in tutte le selezioni.

Siamo felici che nella nomina del nuovo segretario particolare il Sottosegretario Fioramonti abbia scelto di puntare i riflettori anche sugli illeciti che avvengono in sede concorsuale, ma l’attenzione mediatica sui problemi dell’Università e della Ricerca va orientata anche in altre direzioni. Il numero di concorsi banditi, ad esempio, è bassissimo in rapporto al fabbisogno di personale delle università italiane; i ricercatori in formazione sono destinati ad affrontare fino a 12 anni di precariato, con pochissime opportunità di accedere ad una carriera stabile (inferiori al 9%); decine di migliaia di dottorandi lavorano nelle università italiane per poco più di 1100 euro al mese, e quasi 2000 dottorandi ogni anno non ricevono alcuna borsa di studio, come se fosse normale lavorare gratis; l’Italia ha percentuali molto basse di  investimenti in ricerca in rapporto al PIL. E potremmo continuare a lungo.

Precarietà, carenza di risorse finanziarie, dottorandi con borse da fame o addirittura senza borsa, scarso valore sociale attribuito alla ricerca: ADI denuncia tutto questo da anni. Questi sono i grandi mali dell’università italiana. Ed è per questo che torniamo a chiedere al sottosegretario Fioramonti di impegnarsi pubblicamente per maggiori investimenti sulla ricerca e per una riforma del reclutamento universitario e del dottorato che contempli il superamento del dottorato senza borsa e l’abolizione delle tasse.

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