Il giorno 7 maggio scorso l’ADI, insieme all’Avv. Emilio Robotti, ha partecipato all’udienza della Corte Costituzionale in cui si è dibattuto dell’ordinanza di rimissione del Consiglio di Stato del 3 settembre 2018 (pubblicata sul registro ordinanze n. 266 del 2018) in merito alla possibile incostituzionalità della disciplina in tema di concorsi per la scuola, seguita al ricorso di un collega. Il Consiglio di Stato, infatti, dubitando della legittimità costituzionale della legge, aveva all’epoca ammesso in via cautelare tale collega al concorso riservato per gli abilitati e lasciato la parola definitiva alla Corte. In vista di quell’udienza, l’ADI, sempre in collaborazione con l’Avv. Robotti, aveva presentato un atto per ricapitolare la posizione dei dottori di ricerca sulla legge e denunciare le molteplici criticità del sistema di reclutamento, fra cui la scarsa valorizzazione del titolo di dottore di ricerca.
Al di là della questione sull’equiparazione tra dottorato e abilitazione formulata dal ricorrente (sul cui fondamento giuridico ADI ha sempre nutrito dubbi, peraltro confermati dalla giustizia amministrativa), il comunicato rilasciato dalla Corte subito dopo il termine dell’udienza contiene una dichiarazione di infondatezza dell’ipotesi di incostituzionalità della legge “Buona Scuola”, accusata di discriminare i dottori di ricerca e non valorizzare adeguatamente il loro titolo: in altre parole, la Corte ha ritenuto non vi fosse violazione della Costituzione. La Consulta ha poi dichiarato “inammissibile per difetto di rilevanza”, cioè ha evidenziato la mancanza dei requisiti necessari, per entrare nel merito della “questione relativa al carattere riservato e non aperto a tutti della procedura concorsuale”.
In attesa della pubblicazione della sentenza, vogliamo ribadire che l’ADI non ha mai sostenuto l'equipollenza del titolo all’abilitazione: i nostri volontari giuristi l’avevano reputata giuridicamente insostenibile; ipotesi in seguito sempre confermata dalle sentenze della giustizia amministrativa. Abbiamo invece lottato per evidenziare tutti i punti in cui la legge discrimina i dottori di ricerca, non attribuendo punteggio sufficiente al titolo di dottorato ma privilegiando titoli che non garantiscono di per sé il merito. In altre parole, abbiamo rifiutato di trarre facili vantaggi sfruttando la frustrazione e la rabbia di tanti colleghi, e abbiamo invece scelto di mantenere una posizione informata, avanzando, laddove possibile, proposte concrete e realizzabili.
Ancora una volta, dunque, l'ADI si conferma il migliore punto di riferimento di dottorandi e dottori di ricerca nei rapporti con le istituzioni, nel supporto e nella rappresentanza dei colleghi oltre che nella difesa e valorizzazione del titolo. Qualità riconosciute anche dal giudice relatore della Corte Giuliano Amato, il quale, durante l’udienza, ha dichiarato: «L'ADI è l'associazione che rappresenta gli interessi dei dottorandi e dei dottori di ricerca in Italia».
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Pubblicato Mer, 15/05/2019 - 12:47
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