I Ricercatori Determinati scrivono al Presidente della Repubblica

I Ricercatori Determinati scrivono al Presidente della Repubblica

Il 6 dicembre migliaia di ricercatori precari, dottorandi e studenti - in oltre 20 atenei dal Sud al Nord del Paese - si sono mobilitati per pretendere risposte alla cronica crisi del sistema universitario e della ricerca. Da Torino a Palermo sono state decine le azioni e iniziative messe in campo per rimettere l’Università, la Ricerca e il Diritto allo studio al centro della discussione pubblica e dell’agenda politica del Paese. Ricercatori, dottorandi e studenti hanno occupato ieri il Senato Accademico all’Università Sapienza di Roma; hanno inscenato i funerali dell’Università al Politecnico di Bari; hanno steso striscioni, organizzato cortei, presidi, volantinaggi e iniziative pubbliche negli atenei di Torino, Milano, Genova, Bologna, Trieste, Pisa, Perugia, Napoli, Foggia, Lecce, Cagliari, Palermo. Molti altri colleghi hanno partecipato dando voce alle nostre rivendicazioni nel corso delle lezioni. I ricercatori precari rialzano la testa e si uniscono così alle mobilitazioni studentesche di questo autunno per dare vita a uno stato di agitazione permanente.

Oggi i Ricercatori Determinati scrivono al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per evidenziare il degrado dell'istituzione universitaria del nostro paese e chiedere che il Governo metta finalmente mano ad una serie di misure non più rinviabili per assicurare la tenuta del sistema universitaria e della ricerca in Italia.

I Ricercatori Determinati e gli studenti vogliono un piano di investimenti per il reclutamento e la stabilizzazione di almeno 20 mila ricercatori in tenure per i prossimi anni, unitamente a una riforma strutturale dei contratti pre-ruolo; vogliono mettere fine allo sfruttamento del precariato universitario, per garantire una didattica e una ricerca di qualità e provare a superare il numero chiuso; vogliono che ad ogni cittadino di questo paese sia garantito il diritto allo studio. I Ricercatori Determinati e gli studenti riaffermano il ruolo dell’Università come motore di sviluppo e di cittadinanza. Non ci faremo prendere in giro dalle poche briciole che il governo spaccia per grandi investimenti sul sistema universitario. Chiediamo che già in questa Legge di bilancio si trovino le risorse per il piano di rifinanziamento complessivo del sistema, che si vincolino gli atenei a destinare al reclutamento le risorse liberate dai pensionamenti, che si aumentino massicciamente i finanziamenti per il diritto allo studio, welfare studentesco e l’edilizia universitaria e che si avvii un percorso di riforma dei contratti pre-ruolo previsti dalla legge 240 del 2010.

Il 14 Dicembre la nostra protesta continua e si allarga, con il presidio nazionale a Roma, nei pressi del Senato, dove ci incontreremo da tutta Italia per fare sentire alla politica e al governo la nostra voce. Saremo sempre più numerosi e determinati per riprenderci il futuro: per noi e per l’Università pubblica!

 


Al signor Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella
c/o Palazzo del Quirinale
00187 – Roma

 

Egregio Signor Presidente,

Chi Le scrive è un gruppo di ricercatori, dottorandi e studenti universitari che la scorsa settimana, nel corso di una mobilitazione svoltasi in tutte le università italiane, ha occupato simbolicamente l’aula del Senato Accademico di Sapienza. Con questa azione abbiamo inteso protestare contro la scarsa attenzione prestata dal Governo all’Università e alla Ricerca.

Pochi giorni fa, nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico all’Università degli Studi di Torino, Lei ha affermato che “non vi è libertà piena in un Paese se non vi è libertà di cercare di ottenere più conoscenza e nuovi traguardi della conoscenza. Non vi è libertà piena per nessuno se non vi è una piena libertà di acquisire conoscenze. Questo è anzitutto il ruolo delle università.”

Non potremmo essere più d’accordo: compito delle università è quello di formare cittadini dotati di spirito critico, cittadini in grado di “essere protagonisti nella società, nella comunità in cui si vive e si opera”. Come Lei ha affermato, “essere attivamente protagonisti della vita comune è un ingrediente indispensabile per la nostra democrazia”.

Ed è di questo che vogliamo parlarLe. Oggi il ruolo dell’Università come faro della vita democratica del nostro paese è in grave pericolo. Da anni nei nostri atenei, infatti, la libertà di acquisire conoscenze viene messa a rischio dalla precarietà a cui sono condannati decine di migliaia di ricercatori.

Gli ultimi dati raccolti parlano chiaro: più del 58% del personale universitario è costituito da precari che, con contratti che vanno da pochi mesi ad un massimo di tre anni, garantiscono la sopravvivenza stessa dell’istituzione universitaria. Più del 90% dei precari non avrà mai modo di accedere ad una posizione di lavoro stabile nelle università italiane: molti di loro sceglieranno la via che porta all’estero, altri rinunceranno per sempre alla ricerca scientifica.

Per i precari della ricerca è difficilissimo sviluppare liberamente il proprio percorso verso la conoscenza: costretti a saltare da un contratto all’altro, spesso si passa più tempo a preparare bandi, curriculum e concorsi, che a fare ricerca. Spesso si lavora con contratti ai limiti dello sfruttamento, per paghe orarie indegne dell’altissima preparazione acquisita: un contesto che rende impossibile anche solo pensare di progettare una vita con la propria compagna o il proprio compagno, di acquistare una casa, avere dei figli, realizzarsi come persone e cittadini.

La competizione come unica norma e metrica di giudizio rende l’ambiente di lavoro tossico e irrespirabile; la scarsità di risorse apre la strada allo strapotere di chi concepisce l’università più come un feudo per interessi privati che come un bene comune al servizio della società. Il basso numero di docenti (-11% negli ultimi quattro anni) e l’esiguità dei fondi per il diritto allo studio fanno il resto, impedendo ai cittadini “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi” di accedere ai più alti gradi degli studi e contribuire al massimo delle proprie possibilità alla crescita comune.

Abbiamo scelto di chiamarci “Ricercatori Determinati”, non perché i nostri contratti sono a tempo determinato, ma perché siamo determinati a riprenderci il futuro: il futuro dell’Università e dell’Italia. Ma da soli non possiamo farcela: per questo chiediamo il Suo aiuto.

In questa Legge di Bilancio il Governo ha riservato all’Università interventi limitati e una tantum, misure che riteniamo del tutto insufficienti a risolvere i problemi dell’università italiana. Riteniamo necessario in primo luogo porre termine allo sfruttamento della precarietà nella ricerca, riformando il percorso di accesso alla docenza universitaria. È poi opportuno ripensare il percorso di formazione alla ricerca, il dottorato, riconoscendolo in tutto e per tutto come periodo di formazione al lavoro. Infine, perché il percorso di studi universitari sia davvero in grado di formare cittadini attivi e consapevoli, è necessario che ne sia garantita la qualità, reclutando un numero adeguato di docenti per tutti i corsi, e  assicurandosi che a tutti gli studenti siano messe a disposizione le misure previste dal diritto allo studio, garantito dalla Costituzione. Ad oggi, infatti, migliaia di studenti idonei all’assegnazione di una borsa di studio o di un posto alloggio ne rimangono esclusi a causa della mancanza di fondi.

Signor Presidente, sappiamo che non è in Suo potere realizzare molte delle cose che chiediamo. Tuttavia, la distanza tra il ruolo assegnato dalla Costituzione all’Università e quello realmente ricoperto non è mai stata così ampia. Il panorama di rovine nel mondo dell’Università non pregiudica solo le nostre vite, ma mette a rischio - a lungo termine - la tenuta delle istituzioni democratiche del nostro paese.

Per questo Le chiediamo di fare quanto nelle Sue possibilità per sensibilizzare il Governo ad impegnarsi da subito per garantire la libertà della ricerca e dell’insegnamento in tutte le università italiane.