Università | Mezzogiorno | La Legge di Bilancio 2019 e il recente Atto di indirizzo del Miur disegnano un futuro allarmante per le università del Mezzogiorno. La vicenda dei punti organico, la conferma dei criteri di distribuzione delle risorse tra atenei e l’attenzione quasi esclusiva ai soli centri di eccellenza rappresentano un disegno politico elitario ed escludente che avrà gravi ripercussioni sul diritto allo studio e sulle aree meno sviluppate del Paese.
Innanzitutto, anche quest’anno la ripartizione dei punti organico privilegia le università del Nord: si tratta di risorse equivalenti a 280 ricercatori che verranno sottratte al Centro-Sud. Il Miur ha rivendicato la ratio che ha provocato questo esodo sostenendo che, rispetto al numero di studenti universitari, nel Mezzogiorno c’è già un numero di professori più alto rispetto a quello che si registra al Nord e che, di conseguenza, questo rapporto andava riequilibrato.
Secondo l’ADI - Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia, non c’è invece alcuna “eccedenza” di professori nel Meridione d’Italia. La realtà è che i docenti sono pochi sia al Nord che al Sud: secondo l’OCSE, infatti, il rapporto studenti-docenti universitari in tutta Italia è pari a 20, a fronte di una media dell’Unione europea di 15 ed una media del G20 di 18. In altre parole, il numero relativo di docenti universitari in Italia è di gran lunga inferiore a quello internazionale e, dunque, l’attuale attribuzione dei punti organico non solo è dannosa per il Mezzogiorno, ma è anche molto lontana dal risolvere i problemi strutturali del sistema universitario italiano.
Come dimostra la recente ricerca dell'Osservatorio Regionale sul Sistema Universitario Campano*, inoltre, la maggior parte delle università meridionali viene sfavorita nella distribuzione delle risorse già dal solo fatto di essere localizzata in aree economicamente più deboli. A parità di aliquota fiscale applicata, infatti, un contesto socio-economico sfavorevole non permette a un ateneo di riscuotere entrate elevate da tasse e contributi, proprio perché dipendono dal reddito dichiarato dallo studente o dalla sua famiglia. Aumentare le aliquote diventa per molte università l’unica via per tentare di salvarsi. Considerando che già oggi sono moltissimi gli atenei che sforano il tetto massimo previsto per la tassazione, chiediamo un intervento da parte del governo che tuteli concretamente le università e il diritto allo studio nelle regioni meridionali e, più in generale, nelle aree economicamente deboli del Paese.
In queste condizioni, e in particolar modo dopo i tagli della Riforma Gelmini, il turn-over al 50% è del tutto insufficiente a garantire a queste università le stesse condizioni di partenza di quelle localizzate in aree economicamente più forti, con inevitabili conseguenze su didattica e ricerca.
Guardando al contesto generale appena descritto, l’apertura della Scuola Superiore Meridionale e l’istituzione del Fondo per poli universitari tecnico-scientifici del Sud previsti dalla Legge di Bilancio non sono che palliativi.
La Scuola Superiore Meridionale, che costerà ca. 50 milioni di euro in tre anni, lascerà le altre università meridionali a contendersi ancora quel che resta del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) in concorrenza con quelli del Centro-Nord. Come già spiegato su dottorato.it, l’attenzione quasi esclusiva sull’apertura del centro d’eccellenza avrà anche l’effetto di accentuare la polarizzazione del sistema accademico tra pochi atenei di “Serie A” e tanti atenei di “Serie B”.
Il Fondo per poli universitari tecnico-scientifici del Sud è particolarmente fantasioso. Il Fondo sarà infatti finanziato con le risorse provenienti da presunte maggiori entrate fiscali derivanti dall’imposta agevolata concessa ai pensionati che trasferiscono la propria residenza in alcuni centri del Sud Italia. Questo vuol dire legare il destino dei poli tecnici del Sud ad un’entrata completamente aleatoria che per definizione non può affrontare problemi di carattere strutturale. Stiamo parlando, inoltre, di legare la vita delle università del Mezzogiorno ad un vero e proprio dumping fiscale, una pratica pericolosa e anti-cooperativa che provoca una concorrenza fiscale al ribasso tra gli Stati.
La politica che questo governo sta attuando per l’Università non farà che aggravare le disuguaglianze sul territorio italiano. Il Mezzogiorno ha bisogno di tutte le risorse che gli sono state sottratte in tutti questi anni e necessita di politiche di carattere strutturale o rischia una vera e propria desertificazione universitaria.
*Realfonzo R., Perone G., “Qualità degli Atenei e contesto socio-economico. L’allocazione delle risorse tra le Università italiane.” in Laurearsi vale. Le prospettive occupazionali dei laureati campani, Osservatorio Regionale sul Sistema Universitario Campano, Franco Angeli, Ed. Giancarlo Ragozini, 2016, pp. 115-136.
** OCSE (2018), Education at a Glance 2018: OECD Indicators, OECD Publishing, Paris.
Pubblicato Mer, 09/01/2019 - 14:42
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