La Legge di Bilancio rappresenta un passaggio cruciale nella politica economica di un Paese e, di riflesso, ha importanti ricadute in tutti i settori della vita economica e sociale.
L’intero assetto di questa Finanziaria, che traccia le linee programmatiche del triennio 2022-2024, va interpretato considerando tutti gli strumenti messi in campo per contrastare l’emergenza pandemica: tra questi, il più importante è sicuramente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che abbiamo già avuto modo di analizzare (https://jacobinitalia.it/la-missione-impossibile-della-ricerca-pubblica/).
Sebbene si osservi una preoccupante tendenza che mira a compensare la crescita della spesa per investimenti (in gran parte cresciuta grazie ai fondi del PNRR) con la diminuzione della spesa corrente per essere in linea con i vincoli fiscali europei che torneranno nei prossimi ann, dopo la breve sospensione decisa per la crisi pandemica, abbiamo osservato un discreto interesse per il rilancio dell’università e della ricerca, seppure ancora timido.
Come ADI, abbiamo deciso di riportare un breve commento ad alcuni articoli della Legge di Bilancio che riteniamo di particolare interesse per le categorie che rappresentiamo.
ART. 77
(Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa -DIS-COLL)
Questo articolo estende la durata massima dell’indennità mensile di disoccupazione DIS-COLL portandola da 6 mesi a 12 mesi. Contestualmente il décalage, ossia la diminuzione mensile del 3% dell’importo, viene applicato dal sesto mese e non dal quarto. La nuova DIS-COLL recepisce una delle nostre principali richieste: come emerso dalla “IX Indagine ADI sull’assegno di ricerca” (https://dottorato.it/content/indagine-adi-2020), nel 27% dei casi, alla scadenza dell’assegno o del dottorato segue un periodo di disoccupazione prima dell’inizio del successivo assegno di ricerca. Di questi, il 55% dei/delle partecipanti aveva sperimentato un periodo di disoccupazione superiore ai sei mesi e quindi in parte non coperto da nessuna indennità.
Il raddoppio della durata della DIS-COLL segna un altro traguardo importante della campagna #ricercaèlavoro che portò l’estensione della misura a precari e precarie della ricerca nel 2017 dopo una battaglia lunga due anni. Auspichiamo tuttavia che in futuro l’inquadramento contrattuale dell’assegno di ricerca si orienti verso un contratto subordinato, come proposto da ADI e recepito da un emendamento del Relatore alla c.d. riforma del reclutamento, così da includere anche altre misure necessarie come l’indennità in caso di malattia che al momento risulta assente.
ART. 103
(Misure per il rilancio e la competitività del sistema della formazione superiore)
Questo articolo è sicuramente il più importante in termini di impatto e di dotazione finanziaria: esso dispone un incremento del Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO) di 250 milioni di euro per l’anno 2022, di 515 milioni di euro per l’anno 2023, di 765 milioni di euro per l’anno 2024, di 815 milioni per l’anno 2025 e di 865 milioni annui a decorrere dall’anno 2026 vincolando, a regime, circa l’85% della dotazione all’assunzione di professori, RTD-B e personale tecnico-amministrativo.
Come ADI abbiamo evidenziato da tempo la necessità di un reclutamento ordinato e ciclico che possa colmare il divario con gli altri Paesi, sia in termini di numero di ricercatori/ricercatrici sia nel rapporto docenti/studenti: per fare questo, abbiamo stimato in 2.1 miliardi di euro lo stanziamento necessario a regime.
È evidente che la Legge di Bilancio si ponga ben al di sotto di questa stima sebbene sia apprezzabile un approccio di reclutamento ordinario dopo molti anni di piani straordinari di assunzione. Inoltre, in sostanziale ripetizione di quanto stabilito dall’art. 18, comma 4 della legge 240/2010 (cd. Gelmini), la disposizione riserva un quinto delle risorse utilizzate per l’assunzione di associati ed ordinari all’assunzione di esterni. Sarebbe stato invece necessario perseguire una politica coraggiosamente ed esplicitamente espansiva, volta ad un reclutamento quantitativamente decisivo di nuovo personale, con particolare riferimento ai ricercatori a tempo determinato di tipo B e agli associati, al duplice scopo di sostenere l’offerta formativa degli atenei in maggiore sofferenza e di fornire alla pletora di precari della ricerca prospettive di stabilità. Tanto sia detto con particolare riguardo a quelle università (molte del sud) che, per via degli iniqui criteri di riparto fondi e punti organico non hanno potuto, negli anni passati, neppure coprire il proprio turnover.
In ogni caso, affinché nei prossimi anni il sistema viaggi verso la progressiva normalizzazione quantitativa del reclutamento di personale strutturato è essenziale che la programmazione di risorse prevista in bilancio resti un consolidato obiettivo di politica del finanziamento della ricerca anche nel futuro, indipendentemente dai mutamenti politici. Sarà perciò necessario monitorare i prossimi provvedimenti di finanza pubblica per verificare che i fondi stanziati non vengano aggrediti e variamente depauperati da ulteriori interventi normativi.
Non si tratta, inoltre, “solo” di un problema legato alla quantità di risorse a disposizione, ma anche, e per certi versi soprattutto, del modo in cui i soldi vengono spesi: un altro aspetto preoccupante della disposizione in commento è la modalità di ripartizione dei fondi che viene delegata ad un successivo decreto ministeriale. Questo decreto dovrà essere informato a quegli stessi criteri premiali (la VQR e la valutazione sulle politiche di reclutamento), divenuti sempre più importanti anno dopo anno, che sono la causa principale della sperequazione tra gli atenei del nostro Paese. Sarebbe, invece, opportuna una decisione politica che si ponga in netta controtendenza con il passato, vale a dire, in punto di metodo, che il legislatore si assuma la responsabilità di definire direttamente i criteri di riparto dei fondi in commento, evitando di delegarne quasi del tutto la selezione alla discrezionalità di un dicastero ormai incardinato su di un assetto di governance tecnocratica e, in punto di merito, che si assuma un deciso favore verso criteri perequativi e redistributivi che invertano il circuito iniquo e ultra competitivo legato alla retorica dell’eccellenza e si incarichi di ridurre (non già incrementare) la sperequazione fra aree scientifiche e mediche da un lato e sociali ed umanistiche dall’altro, fra ricerca di base ed applicata, fra sud e nord del Paese.
Nello stesso articolo troviamo anche l’aumento della borsa di dottorato al minimale contributivo INPS, storica battaglia della nostra associazione. L’articolo stanzia infatti 15 milioni di euro per l’anno 2022 e di 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023 per l’adeguamento delle borse di dottorato a 15878 euro lordi.
Tuttavia, poiché si fa esplicito riferimento a tale importo nella relazione allegata al disegno di legge, si pone il problema dell’adeguamento annuale automatico della borsa ai nuovi minimali contributivi che vengono pubblicati da INPS all’inizio di ogni anno solare. Infatti, seppure negli ultimi due anni il minimale sia rimasto invariato, è probabile che quest’anno esso possa subire una rivalutazione in positivo, mettendo a rischio l’efficacia del provvedimento.
ART. 104
(Misure a sostegno della ricerca)
Il presente articolo concerne le misure di finanziamento a sostegno della ricerca negli Enti Pubblici vigilati dal MUR.
Il primo comma presenta un aumento del FOE (Fondo Ordinario per gli Enti) di 90 milioni di euro per il 2022, 2023 e 2024 e di 100 milioni, a decorrere dall'anno 2025. Si nota come sia esplicitamente indicato un vincolo di risorse per le procedure secondo l’articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
Alla lettera b si segnala lo stanziamento di 40 milioni per gli scatti di carriera di ricercatori e tecnologi di III livello. Nella relazione si esplicita come questa misura sia vincolata “dal processo di revisione normativa del “pre-ruolo” universitario – che è attualmente all’esame del Senato (AS 2285)”, di conseguenza tale stanziamento è vincolato alla definizione del regime transitorio e all’introduzione della figura del ricercatore RTT negli EPR.
Al comma 2 si segnalano positivamente gli aumenti per il Fondo Italiano per la Scienza: 50 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per l’anno 2023, di 200 milioni di euro per l’anno 2024 e di 250 milioni a decorrere dall’anno 2025. Al comma 4 si prevede il finanziamento della quota premiale del FOE, che tiene conto anche della VQR e pertanto rischia di soffrire delle medesime criticità già sottolineate per queste modalità di ripartizione dei fondi.
Positiva, al comma 5, la rimozione delle disposizioni per l’Agenzia Nazionale della Ricerca, da cui sono state tratte coperture per alcuni articoli sopra descritti. L’ADI già in passato aveva sottolineato la mancanza di una chiara definizione di questo organo.
ART. 105
(Piano di riorganizzazione e rilancio del Consiglio Nazionale delle Ricerche – C.N.R.)
La relazione tecnica ribadisce la centralità del Consiglio Nazionale delle Ricerche nell’ambito della ricerca italiana e conseguentemente sottolinea le specificità del principale ente di ricerca nazionale, che pienamente giustificano le risorse aggiuntive, necessarie per la sua riorganizzazione (e già ribadite al comma 9 dell’art. 104).
Come associazione ci uniamo a quanti già in passato hanno sottolineato il cronico sottofinanziamento dell’ente, e tuttavia le modalità di riorganizzazione così come descritte nell’articolo non si accordano al principio di autonomia dell’ente. Si auspica pertanto un ripensamento di questa modalità, in favore di un maggior coinvolgimento degli organi interni e delle rappresentanze.
Pubblicato Gio, 23/12/2021 - 18:43
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