Valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca nella Pubblica Amministrazione: le proposte di ADI alle forze politiche

Valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca nella Pubblica Amministrazione: le proposte di ADI alle forze politiche

Lo scorso 15 giugno ADI ha presentato una serie di proposte per la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca nella pubblica amministrazione. A poco più di una settimana dalle elezioni politiche riproponiamo le nostre proposte, con qualche piccola revisione, chiedendo a tutti i candidati di impegnarsi a loro sostegno nel corso della prossima legislatura. Il dottorato costituisce il più alto grado di formazione concesso dall'ordinamento italiano, e certifica elevate capacità di ricerca, relazionali e di gestione. È importante che queste capacità siano riconosciute, anche e soprattutto nella pubblica amministrazione.

 


Il titolo di dottore di ricerca è stato istituito nel nostro paese ormai da oltre trent'anni, ma ad oggi manca ancora un suo effettivo riconoscimento e valorizzazione al di fuori dell’ambito accademico.

La VII Indagine ADI su Dottorato e Post-Doc rileva che solo il 9% degli assegnisti di ricerca ("posizione" accademica successiva rispetto al dottorato) possono ambire, nel nostro paese, ad un posto di lavoro a tempo indeterminato all'interno delle università italiane. L’implementazione di politiche volte valorizzare il dottorato nel settore privato e negli enti pubblici, pertanto, non può più essere rinviata se vogliamo evitare che questo capitale sociale, per cui lo stato ha investito importanti risorse finanziarie, venga sprecato.

Né il settore privato né la Pubblica Amministrazione (PA) sembrano in grado di dar vita a politiche volte alla valorizzazione della figura dei dottori di ricerca. Per quanto riguarda la PA, ad esempio, fino ad oggi il dottorato di ricerca non è quasi mai stato richiesto come titolo preferenziale per accedere all’impiego e frequentemente non è stato specificamente valutato tra i titoli.

Ad esempio il DPR n. 483/1997, che disciplina i concorsi nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, non considera esplicitamente il dottorato di ricerca tra i titoli valutabili.

Più in generale, negli altri comparti della pubblica amministrazione, anche quando viene attribuito un punteggio per i “titoli accademici”, raramente il dottorato viene menzionato esplicitamente e comunque l’attribuzione del relativo punteggio è sempre stata lasciata alla completa discrezionalità della commissione.

La Legge n. 240/2010, inoltre, ha reso discrezionale il congedo straordinario per dottorato di ricerca originariamente previsto in favore dei dipendenti pubblici (di fatto impedendone la concessione), sfavorendo in questo modo la formazione e la crescita professionale del personale.

Va anche notato che nei contratti collettivi nazionali il titolo di dottore di ricerca non è considerato e non è prevista nessuna posizione stipendiale specifica per i possessori di tale titolo.

Il D.Lgs. 75/2017, attuativo della Legge Delega 124/2015, ha introdotto alcune innovazioni, prevedendo la possibilità che il dottorato sia richiesto come requisito di partecipazione ai concorsi per specifici profili o livelli d’inquadramento e che il titolo di dottore di ricerca dev’essere valutato, ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso. Tuttavia l’ADI ritiene opportuno presentare nel dettaglio alcune proposte per una più effettiva valorizzazione del titolo di dottore di ricerca:

  1. La creazione di canali di accesso dedicati per i dottori di ricerca nei concorsi pubblici
  2. Valorizzazione del titolo in sede concorsuale
  3. Riconoscimento del dottorato come esperienza lavorativa.
  4. Reintroduzione del diritto al congedo per dottorato di ricerca
  5. Valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche;

 

1. Canali di accesso per i dottori di ricerca nei concorsi pubblici

Quadro normativo

Articolo 4, commi 1 e 7, della Legge 3 luglio 1998, n. 210

«1 – I corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso Università, Enti Pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione».

«7. La valutabilità dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell'ammissione a concorsi pubblici per attività di ricerca non universitaria, è determinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con gli altri Ministri interessati».

 

Proposta normativa di ADI

Si propone di introdurre canali di accesso dedicati per i dottori di ricerca laddove siano richiesti profili altamente qualificati all’interno della PA. L’ADI avanza in tal senso due opzioni possibili.

1.a Concorsi riservati ai possessori del titolo di dottore di ricerca

Il D.Lgs. 75/2017 ha introdotto la possibilità per la Pubblica Amministrazione di richiedere il titolo di dottore di ricerca quale requisito per la partecipazione a concorsi per determinati profili o livelli d’inquadramento. Tuttavia, nonostante si tratti di un primo importante segnale di apertura sul tema in discussione, la natura facoltativa dell’indicazione contenuta nella previsione normativa rischia di non garantire a quest’ultima un’effettiva applicazione. Si ritiene pertanto opportuno prevedere la creazione di apposite qualifiche e relativi livelli stipendiali riservati ai dottori di ricerca.

1.b Riserva per i dottori di ricerca nei bandi della PA

Per favorire in maniera più concreta l’accesso dei dottori di ricerca nella Pubblica Amministrazione, si propone di eliminare la previsione della lettera e-ter) del comma 3 dell’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 (così come riformato dal D.Lgs. 75/2017) e di aggiungere, dopo tale articolo, il seguente:

«Art. 35-bis. Valorizzazione del titolo di dottore di ricerca.

1. Ai soggetti in possesso del titolo di dottore di ricerca in ambiti disciplinari attinenti al profilo messo a concorso, fermo restando il possesso dei requisiti previsti dal bando, è riservata una quota minima pari al 10 per cento dei posti nelle selezioni bandite dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché dalle aziende speciali e nelle istituzioni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni, per l'assunzione di personale con contratto a tempo determinato o indeterminato per i profili professionali per i quali è richiesta la laurea.

2. Se le riserve di cui al comma 1 non possono operare integralmente o parzialmente perché danno luogo a frazioni di posto, tali frazioni si cumulano con le riserve relative alle successive selezioni per l'assunzione di personale bandite dalla medesima amministrazione, azienda o istituzione ovvero sono utilizzate nei casi in cui si proceda ad ulteriori assunzioni attingendo alla graduatoria degli idonei.

3. Le amministrazioni, le aziende speciali e le istituzioni di cui al comma 1, trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica copia dei bandi di concorso o comunque dei provvedimenti che prevedono assunzioni di personale nonché, entro il mese di gennaio, il prospetto delle assunzioni operate ai sensi del presente articolo nel corso dell'anno precedente.

4. Resta ferma la facoltà per le pubbliche amministrazioni di richiedere il possesso del titolo di dottore di ricerca quale requisito di accesso per specifici profili o livelli di inquadramento».

 

Relazione illustrativa

La ratio delle proposte è agevolare l’ingresso nella Pubblica Amministrazione di personale altamente qualificato che, in virtù del proprio percorso di studi, può contribuire a rendere più efficiente, efficace e reattiva la macchina della PA. I posti riservati ai dottori di ricerca andrebbero calcolati nei bandi per i quali è requisito di partecipazione la laurea triennale, dal momento che quest’ultimo è il requisito previsto per gran parte dei concorsi per i funzionari.

Infatti, è opportuno sottolineare che per accedere ai ruoli dirigenziali è necessario un periodo minimo di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione con la qualifica di funzionario (fatta eccezione per l’accesso per corso-concorso, che però copre ben pochi posti sul totale delle posizioni dirigenziali). Pertanto è opportuno favorire l’accesso dei dottori di ricerca nei ruoli che costituiscono l’anello di congiunzione essenziale tra dirigenza e profili operativi, assumendo così un valore centrale per l’effettivo funzionamento dell’amministrazione (si pensi solo alle concrete responsabilità decisionali che possono essere affidate ai funzionari).

 

2. Valorizzazione del titolo in sede concorsuale

Quadro normativo

Articolo 17, comma 111, della legge 15 maggio 1997, n. 127:

«Le norme che disciplinano l'accesso al pubblico impiego sono integrate, in sede degli accordi di comparto previsti dall'articolo 51 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con le modalità di cui all'articolo 50 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, al fine di tenere in considerazione le professionalità prodotte dai diplomi universitari, dai diplomi di scuole dirette a fini speciali, dai diplomi di laurea, dai dottorati di ricerca e dai diplomi delle scuole di specializzazione, nonché dagli altri titoli di cui al comma 95, lettera a)».

Articolo 4, commi 1 e 7, della legge 3 luglio 1998, n. 210

«1 – I corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso Università, Enti Pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione».

«7. La valutabilità dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell'ammissione a concorsi pubblici per attività di ricerca non universitaria, è determinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con gli altri Ministri interessati».

 

Proposta normativa di ADI

Qualora venga accolta la richiesta di inserire l’art. 35 bis al D.Lgs. 165/2001, ADI propone di inserire a tale disposizione anche un comma 5.

«Art. 35-bis. Valorizzazione del titolo di dottore di ricerca.

5. Fermo l’obbligo di valutare, ove attinente, il titolo di dottore di ricerca, il punteggio attribuito a quest’ultimo non può essere inferiore a quello proporzionale ai crediti formativi universitari (cfu) ad esso riconosciuti secondo quanto previsto dall’ art. 5 comma 2, Decreto 3 novembre 1999, n.509 “Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei” e successive modificazioni”, rispetto a quelli riconosciuti agli altri titoli eventualmente rilevanti ai fini del concorso».

 

Relazione illustrativa

La disposizione sulla valutazione del titolo di dottore di ricerca serve a evitare che nella valutazione dei titoli rilevanti ai fini del concorso venga attribuito il medesimo punteggio a tutti i titoli post lauream senza distinguere adeguatamente tra master, dottorato e altri titoli. In tal modo se, per esempio, a un master annuale (60 cfu) viene riconosciuto un punto, poiché il dottorato di ricerca, secondo l’art. 5 comma 2 del DM 509/1999, comporta l’acquisizione di 180 crediti formativi universitari (cfu), ad esso vanno riconosciuti tre punti.

 

3. Riconoscimento del dottorato come esperienza lavorativa

Proposta ADI

Nei casi in cui il lavoro di ricerca del dottorato sia pertinente alla posizione lavorativa bandita questo andrebbe riconosciuto a tutti gli effetti come un’esperienza lavorativa pregressa. E come tale valutata nel processo di selezione.

 

4. Congedo per dottorato di ricerca

Quadro normativo

L’art. 2 della Legge 476/1984 recita:

«Il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia a questa, l'interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell'amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro. Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, cessi il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Non hanno diritto al congedo straordinario, con o senza assegni, i pubblici dipendenti che abbiano già conseguito il titolo di dottore di ricerca, né i pubblici dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di detto congedo. I congedi straordinari e i connessi benefici in godimento alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono mantenuti.

Le norme di cui al presente articolo si applicano anche al personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in riferimento all'aspettativa prevista dalla contrattazione collettiva. Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza».

 

Proposta normativa di ADI

Al comma 1, le parole «compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione» sono abrogate.

 

Breve relazione

La formulazione della disposizione introdotta dalla l. n. 240/2010, che rende discrezionale la concessione dell’aspettativa per il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato, ha creato una forte disparità di trattamento tra pubblici dipendenti dottorandi di ricerca, poiché la disposizione ha consentito a molte Amministrazioni di negare, sostanzialmente senza motivazione, l’aspettativa o comunque di giustificare il diniego in virtù delle forti limitazioni alla possibilità di assumere. In tal modo la possibilità di ottenere l’aspettativa è spesso dipesa dalle condizioni dell’amministrazione in cui il dipendente lavorava, il che costituisce fonte di discriminazione, a fronte dell’uguale condizione di ammissione a un corso di dottorato.

Il ripristino del diritto all’aspettativa elimina tali disparità. Peraltro l’onere finanziario per le amministrazioni si ritiene limitato, poiché per effetto degli ultimi provvedimenti che hanno disciplinato il dottorato di ricerca (soprattutto il DM 45/2013) i posti senza borsa (cui spesso accedono i pubblici dipendenti, in virtù della possibilità di fruire dell’aspettativa) si sono drasticamente ridotti. Inoltre viene eliminato il rischio di abusi, poiché non viene toccata la previsione per cui l’aspettativa può essere concessa per un solo dottorato.

 

5. Valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche

Proposta normativa di ADI

Al comma 1-bis dell’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001, dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente:

«La contrattazione collettiva assicura che nella determinazione dei criteri per l’attribuzione delle progressioni economiche sia adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca».

 

Breve relazione

La disposizione serve a far sì che nella predisposizione degli accordi finalizzati all’attribuzione delle progressioni economiche sia dato rilievo alle indubbie maggiori competenze assicurate dall’avvenuto svolgimento di attività di ricerca ad alto livello nell’ambito del corso di dottorato.

 

Conclusioni

La ratio delle proposte è agevolare l’ingresso nella Pubblica Amministrazione di personale altamente qualificato che, in virtù del proprio percorso di studi, può contribuire a rendere più efficiente, efficace e reattiva la macchina della PA. I posti riservati ai dottori di ricerca sono calcolati sulla base dei bandi per i quali la laurea triennale è requisito di partecipazione, come ad esempio gran parte di quelli per i funzionari.

È opportuno sottolineare che per accedere ai ruoli dirigenziali è necessario un periodo minimo di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione con la qualifica di funzionario, salvo l’accesso per corso-concorso. A tal fine è opportuno favorire l’accesso dei dottori di ricerca nei ruoli che costituiscono l’anello di congiunzione essenziale tra dirigenza e profili operativi, assumendo così un valore centrale per l’effettivo funzionamento dell’amministrazione (si pensi solo alle concrete responsabilità decisionali che possono essere affidate ai funzionari).