Smontiamo il delirio della Bernini

Negli ultimi giorni la Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha presentato pubblicamente il contenuto dell’ultima riforma della ricerca. Ecco la nostra smentita punto per punto alle sue uscite mediatiche.

  1. La precarietà è quella vissuta fino ad oggi, incentivata dagli assegni di ricerca senza diritti che abbiamo deciso di non prorogare più.
    Gli assegni verranno addirittura declassati e si chiameranno ASSISTENTI ALLA RICERCA.
  2. Da gennaio, senza assegni, sparisce quello che era un ricercatore-fantasma che si deve pagare da solo i contributi previdenziali.
    Le nuove borse rischiano di non avere neppure la tutela prevista per gli assegni, sembrano totalmente prive di diritti e tutele.
  3. Le nuove figure contrattuali non tolgono nulla, ma aggiungono opportunità.
    Il contratto, introdotto dalla riforma Verducci sotto il Governo Draghi come unica fattispecie, viene reso di fatto inapplicabile da queste figure.
  4. Penso al contratto retribuito per lo studente la cui attività viene valorizzata anche economicamente.
    Visto che ha tagliato 500 MLN al FFO, nessuna università bandirà un contratto di ricerca, se non per pochi che si contano sulle dita di una mano.
  5. La precarietà non è legata alla varietà dei contratti, ma alla durata eccessiva dei rapporti a termine.
    Ministra, con la sua riforma si possono fare, e si faranno, più di dieci anni di precariato!
  6. Con la riforma dei contratti abbiamo pensato a possibilità diverse per situazioni diverse.
    Non c’è alcuna tutela delle differenze, perché senza risorse aggiuntive le università continueranno a dare ai ricercatori solo le borse più povere.
  7. Già da settembre ci sarà un confronto con tutte le parti interessate, in Parlamento e al MUR.
    Le riforme che mettono al centro la ricerca consultano chi fa ricerca per primo. Sono due anni che chiediamo un incontro e veniamo ignorati!

Quella della Bernini non è una «cassetta degli attrezzi», ma un kit per fare a fette la ricerca, peggiorando ancor di più le vite e il lavoro di ricercatrici e ricercatori.