La Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini è stata audita dalla VII Commissione Cultura della Camera in merito alla conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, che disciplina all’art. 15 l’ennesima proroga degli assegni di ricerca al 31 dicembre 2024. Vogliamo fare chiarezza su alcune delle dichiarazioni rilasciate dalla Ministra agli onorevoli interroganti - Manzi (PD) e Caso (M5S), alla luce dell’affermazione stessa di Bernini che ella non ha «mai detto bugie».
Di seguito riportiamo puntualmente tutte le bugie o mezze verità alle quali abbiamo dovuto assistere durante l’ennesimo spettacolo poco edificante andato in scena ieri:
«Tutele Crescenti»: un inganno semantico
Le “tutele crescenti” che Bernini sembra evocare con orgoglio sono una pia illusione, oltre che un tremendo abbaglio, se riferite a fattispecie contrattuali diverse. Il c.d. contratto a tutele crescenti, figlio della stagione del Jobs Act, è comunque un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Nulla a che vedere con la riforma del preruolo Bernini-Resta che solo grazie all’impegno dell’ADI è stata smascherata e portata all’attenzione dei giornali. Invece di migliorare la situazione dei precari e delle precarie della ricerca, la moltiplicazione di contratti, sempre più frammentati e incerti, non farà che peggiorare le condizioni lavorative, aumentare la precarietà, determinare incertezze sul buon andamento della ricerca.
«Contratti non attuati»: due anni di vuote parole
Due proroghe degli assegni di ricerca hanno visto la luce in due anni di Governo Meloni. Due anni che potevano servire per applicare davvero il contratto di ricerca. Invece, il Ministero dell’Università e della Ricerca guidato da Bernini ha preferito ostacolare la contrattazione collettiva, come più volte riportato dalle stesse organizzazioni sindacali. ADI ha più volte sollecitato il MUR a concludere la sequenza contrattuale, dando un chiaro mandato all’ARAN per il successo del CCNL. La contrattazione collettiva richiede impegno da entrambe le parti: è ora che il Ministero si assuma le sue responsabilità, prenda posizione con chiarezza e sigli il CCNL Istruzione e Ricerca.
«Set di strumenti per i rettori a seconda di chi si ha davanti»: un gioco di potere
Bernini saprà di certo che i concorsi per accedere alle posizioni nel mondo della ricerca non sono fatti - o, almeno, non dovrebbero - su misura del candidato o della candidata, ma per rispondere ai più alti obiettivi di ricerca e di avanzamento della conoscenza del Paese. Vuole forse dire Bernini che gli strumenti che metterà a disposizione serviranno per rinnovare le conventicole di potere e meglio predeterminare chi, nella pletora di precari e precarie messi a combattere per le briciole di un sistema strozzato e definanziato, debba spuntarla attraverso valutazioni di opportunità politica?
«Cassetta degli attrezzi» e l’autonomia differenziata reale.
Prevediamo già d’ora che le università, soprattutto quelle del Sud, delle aree interne, strutturalmente meno finanziate ed ostacolate da un sistema che ha visto nell’ultimo decennio il progressivo incremento della quota di finanziamento premiale a scapito dei trasferimenti perequativi, utilizzeranno le figure contrattuali più economiche e peggio retribuite. Il sistema universitario si adatterà alla figura o alle figure in grado di estrarre più lavoro, da più precari possibili, per più tempo possibile, al minor costo possibile. Inoltre, in due anni di mancato incremento del Fondo per il finanziamento ordinario nella «forte preoccupazione per la mancanza di un piano strategico per la sicurezza del sistema» espressa dal CUN, le università in ogni caso saranno costrette a fare i conti con risorse limitate. Questo porterà a pochi contratti di qualità, per la maggiore nei pochi e ricchi atenei del Nord, e a sfruttamento e precarietà per quelli del Sud e delle aree interne. C’è un solo modo per invertire la rotta verso lo sfacelo e il dissesto, non solo e non soltanto dei bilanci delle università, ma di chi lavora e fa ricerca: trovare le risorse per finanziare l’università.
«Rappresentanze di CRUI, CUN e CODAU»: il deficit democratico
Bernini evoca il Decreto ministeriale 5 ottobre 2023, n. 1310 con il quale, inaudita altera parte, ha nominato un gruppo di lavoro sul riordino del pre-ruolo universitario. Come prontamente denunciato dall’ADI, tale gruppo manca del tutto della presenza dei precari e delle precarie della ricerca. Non solo! Nessuna delle personalità coinvolte è stata eletta democraticamente per rappresentare le rispettive compagini universitarie. La presenza di ex presidenti della CRUI, come Resta e Cuzzocrea (di lì a poco colpito da un avviso di garanzia), senza un chiaro processo di selezione, è preoccupante sintomo della sfiducia di Bernini verso l’attuale dirigenza della CRUI. Ancora più grave è che il CUN, solo organo consultivo e di rappresentanza del sistema universitario, non abbia espresso alcun membro nel gruppo di lavoro: la prof.ssa Roberta Siliquini, ordinaria di Area medica al CUN, non è stata designata dal CUN e siede nel gruppo di lavoro a mero titolo personale. Tale evidentissimo deficit democratico nella composizione del gruppo di lavoro Bernini-Resta dà la cifra dell’idea di università e di ricerca che questo governo ha in mente.
Milestone PNRR: Promesse Non Mantenute
Bernini, le milestone del PNRR vanno realizzate, non aggirate con la creazione di nuove figure contrattuali ancora più precarie delle precedenti. Le promesse fatte devono essere mantenute, soprattutto quando si tratta di migliorare le condizioni lavorative dei giovani più meritevoli e capaci attorno ai quali questo governo ha imbastito la sua retorica pervasiva. La creazione di nuove figure non è la soluzione, ma un pericoloso attacco alla vita e al futuro di giovani uomini e giovani donne che hanno un solo desiderio: lavorare con dignità nella ricerca.
Pubblicato Mer, 26/06/2024 - 19:10
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