Linee guida per l'accreditamento dei corsi di dottorato: ancora un'occasione perduta

Venerdì 14 aprile il MIUR ha emanato, con la nota n. 11677/2017 le nuove “Linee guida per l'accreditamento dei corsi di dottorato. Con le nuove linee guida, stilate su indicazioni dell'ANVUR e tenendo conto del Piano Nazionale della Ricerca 2015-2020, del PON Ricerca 2014-2020 e della VQR 2011-2014, il MIUR si pone l'obiettivo di “garantire alle dottorande e ai dottorandi un ambiente di ricerca fertile e qualificato, grazie a un Collegio dei docenti d’eccellenza, strutture adeguate, una dimensione di confronto internazionale e occasioni di mobilità.” (dal comunicato stampa del MIUR)

L'Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI) ha seguito con attenzione il processo di emanazione delle nuove linee guida che, ricordiamo, vanno a porsi nel contesto di un forte definanziamento del sistema accademico italiano. Per quanto riguarda il dottorato, gli effetti delle norme succedutesi a partire dalla L. 133/2008 sono evidenti nel crollo del numero dei posti di dottorato a bando, passati dai 15.325 del 2008 agli 8.738 del 2016, con un calo del 44.5%. (VI Indagine ADI su Dottorato e Post-Doc).

Il MIUR marca sin da subito una profonda differenza con quanto avvenuto contestualmente all'emanazione delle precedenti linee guida. Nel 2013, infatti, MIUR e ANVUR decisero di sottoporre la prima versione delle linee guida ad una consultazione pubblica, che ne evidenziò sin da subito alcune evidenti storture; stavolta questo non è accaduto. L'ADI giudica molto grave questa scelta, che ha fatto sì che i soggetti direttamente interessati al processo di accreditamento dei corsi di dottorato non abbiano avuto alcuna voce in capitolo relativamente alla revisione dei criteri.

In particolare, sono state del tutto ignorate le richieste puntuali di revisione dei criteri di accreditamento che ADI aveva rivolto al MIUR, sin dall'emanazione delle precedenti linee guida. In questo modo il MIUR disattende ogni richiesta relativa all'estensione del budget del 50% per i soggiorni di ricerca all'estero ai dottorandi senza borsa, alla reintroduzione della possibilità di proroga nella consegna della tesi, alla valutazione della qualità dei corsi anche da parte dei singoli dottorandi.

Una prima analisi del documento emanato dal MIUR, effettuata per mezzo di un confronto con le precedenti linee guida (nota n. 435/2014), evidenzia che le modifiche sono in numero molto limitato, e concentrate su ben determinati criteri di accreditamento. Il lieve maquillage effettuato dal MIUR lascia intatte quasi tutte le criticità che ADI evidenziò sulla versione precedente delle linee guida.

Il criterio A1 viene modificato per includere università ed enti di ricerca italiani tra i possibili partner per l'istituzione dei corsi di dottorato, mentre in precedenza venivano inclusi solo enti “esteri”. Per le università italiane, l'effetto della modifica è quello di introdurre tra i criteri necessari all'accreditamento la partecipazione all'ultimo esercizio VQR, con una classificazione nei primi tre quartili degli indicatori R ed X1 nell'SSD di riferimento. Qualora questo criterio non sia soddisfatto, si passerà ad una valutazione della produzione scientifica dei componenti del collegio degli ultimi 5 anni: il documento non indica, tuttavia, i relativi criteri di valutazione né i responsabili della valutazione medesima (ANVUR?). Chiediamo dunque al MIUR di chiarire questo aspetto del documento, indicando precisamente criteri, modalità e responsabili della valutazione.

Le modifiche al criterio A1 rendono inoltre necessario il rispetto del criterio A4/1. Vedremo l'effetto di questa modifica nel seguito.

Il criterio A2 viene modificato, includendo l'obbligo per ogni ateneo di pubblicare l'offerta formativa prevista ed erogata in un apposito sito web. L'ADI accoglie positivamente questa modifica, che fornirà ai colleghi la possibilità di valutare in maniera trasparente i corsi offerti dagli atenei nel percorso di dottorato.

Il criterio A4 viene modificato in maniera sostanziale. In particolare, le università dovranno necessariamente soddisfare il criterio di valutazione A4/1 dall'anno accademico 2018/2019. Tale criterio è incentrato sul rispetto dei vincoli R e X1 della VQR, su cui l'ADI torna ad esprimere forti perplessità:

  • Il DM 458/2015 indica chiaramente, all'art.2 comma 2, che la VQR è concepita per valutare istituzioni e dipartimenti. L'utilizzo degli indicatori VQR per valutare la produzione scientifica di singoli docenti e strutture quali i collegi dei corsi di dottorato appare del tutto ingiustificato, quasi come se il MIUR, in assenza di strumenti di valutazione adeguati, avesse deciso di usare il primo disponibile. Un po' come voler misurare il tempo per mezzo di un metro da sarto, insomma.
  • Gli indicatori relativi alla VQR 2011-2014 sono ormai sorpassati, e completamente inadatti a fornire una base affidabile per valutare un collegio docenti in cui un quarto dei membri (i ricercatori) hanno verosimilmente avuto il picco della loro produzione scientifica in anni recenti. Ancora una volta, è come se si volesse misurare il tempo di un atleta sui 100 metri piani non al momento in cui taglia il traguardo, ma a distanza di una settimana.

Nel criterio A4/2, gli indicatori ASN vengono utilizzati per bilanciare gli indicatori della VQR in maniera assolutamente non convincente. I ricercatori vengono infatti valutati sulle mediane degli associati, i professori associati su quelle degli ordinari, e gli ordinari su quelle dei commissari, senza alcuna considerazione riguardo alle differenti mansioni dei rispettivi ruoli, né dell'età. Paradossalmente, un brillante ricercatore ad inizio carriera avrebbe una valutazione pessima sulle mediane da associato, mentre un professore ordinario al termine del proprio periodo di produttività scientifica avrebbe una valutazione più che ottima.

Nel criterio A4/3, invece, tutti i componenti del collegio vengono valutati – per quanto attiene alla numerosità della produzione scientifica – sulle mediane relative ai professori associati, con evidente contraddizione rispetto al criterio A4/2.

Il criterio A4/4, relativo ai coordinatori dei corsi di dottorato, viene completamente riscritto. I coordinatori verranno d'ora in poi valutati non più sul semplice numero delle pubblicazioni negli ultimi 5 anni, ma sul superamento dei valori soglia per i commissari ASN. Tra i criteri di valutazioni alternativi, abbiamo invece – per i settori bibliometrici – una valutazione dell'h-index a 15 anni. L'ADI non può esimersi dal notare come l'utilizzo dell'h-index nella valutazione della qualità della ricerca sia estremamente problematico, e soggetto da anni a numerose critiche.

Il criterio A5 viene alterato in minima parte, esplicitando le forme alternative di finanziamento per il corso di dottorato valide ai fini del numero medio e minimo di borse. L'ADI accoglie positivamente questa modifica, ma chiede al MIUR di definire esplicitamente la durata di tali fonti di finanziamento come non inferiore a tre anni.

 

Una intera sezione del documento è infine dedicata ai dottorati innovativi, infelice denominazione scelta dal MIUR sulla base dei “Principles for Innovative Doctoral Training” emanati nel 2011 dalla Commissione Europea.

ADI ha già espresso forti critiche all'impianto normativo dei dottorati innovativi, sul quale sarà dirottato il 60% delle risorse stanziate dal MIUR sul dottorato nei prossimi anni. Il progetto del governo rientra in pieno nel processo di “compressione selettiva”, più volte denunciato negli scorsi anni da autorevoli figure della comunità accademica italiana, e che ha prodotto un evidente e profondo divario tra gli atenei maggiormente colpiti dalla carenza di risorse e quelli che, in base a parametri imposti dall'alto, hanno beneficiato di risorse stabili o in lieve aumento.

Al movimento di “compressione selettiva” in atto ormai da anni sull'offerta dottorale italiana, si accompagna ora una fortissima spinta alla “convergenza” dei corsi di dottorato sul modello del dottorato innovativo, in base ai parametri eterogenei e generici individuati dalle linee guida. Il prevedibile risultato di tale secondo movimento consisterà nella dispersione e nella cancellazione delle peculiarità di tradizioni di ricerca che poco si prestano all'internazionalizzazione, o con scarse ricadute immediate nell'ambito economico. Particolarmente colpiti saranno dunque i settori umanistici e sociali, e tutta la ricerca di base; è facile pronosticare, inoltre, ulteriori sperequazioni tra atenei, con una concentrazione delle risorse nelle aree più competitive del paese dal punto di vista economico. Il rischio posto da queste misure è nella completa frattura dell'offerta dottorale italiana: da una parte i “dottorati innovativi”, concentrati in poche e definite discipline ed aree del paese, dall'altra una riserva indiana di “dottorati non innovativi”, su temi di ricerca locali e nazionali, monodisciplinari, non applicativi.

Per quanto riguarda le “Linee guida”, non è chiaro quale sia il valore aggiunto di un corso di “dottorato innovativo”, oltre alla possibilità di ottenere maggiori risorse dalla distrubuzione dei fondi relativi al dottorato del FFO. ADI critica inoltre l'inclusione, senza alcuna esplicita motivazione, del dottorato industriale nel dottorato innovativo a caratterizzazione intersettoriale; rileviamo inoltre che i riferimenti presenti nella definizione di tale categoria di dottorato non possono essere individuati con sicurezza nella sezione A1 del documento.

 

È necessario ribadire con forza che il miglioramento dell'offerta di dottorato in Italia deve passare necessariamente dal rifinanziamento del settore della ricerca, sia per quanto riguarda il reclutamento universitario che per quanto riguarda il sistema di formazione dottorale. Ai dottorandi deve essere garantito un percorso chiaro nelle progressioni di carriera, ed adeguate opportunità di impiego fuori dall'accademia, valorizzando il titolo di dottore di ricerca. È inoltre necessario aumentare il numero di posti a bando, riportandolo a livelli in linea con la media europea (attualmente il nostro paese è terzultimo in Europa per numero di dottori di ricerca ogni mille abitanti).

In conclusione, l'ADI non può che esprimere forte rammarico per l'ennesima occasione perduta per un reale miglioramento dell'offerta dottorale italiana. Le nuove “Linee guida per l'accreditamento dei corsi di dottorato” avrebbero potuto marcare l'inizio di un cambio di passo nelle politiche di valutazione del dottorato, accogliendo alcune delle proposte avanzate dall'ADI sulle precedenti linee guida e in merito ai dottorati innovativi, e recependo in maniera completa i “Principles for Innovative Doctoral Training” emanati dalla Commissione Europea. I lievi interventi operati dal MIUR, invece, assomigliano molto alla cipria con cui i nobili dell'ancien régime coprivano le loro rughe: lungi dal nascondere i segni dell'età, non fanno che evidenziare come il sistema di valutazione rimanga profondamente disfunzionale, e necessiti di un completo ripensamento.