Dottorati innovativi e dove (non) trovarli

Come la valigia del mago Newt Scamander, protagonista dell’ultima fatica letteraria di J. K. Rowling, la fantasia dei burocrati del MIUR non cessa di produrre incredibili animali fantastici. L’ultimo di essi, in ordine di tempo, è il disciplinare attuativo del Piano Dottorati Innovativi che, oltre a contraddire precedenti provvedimenti dello stesso Ministero, sembrerebbe presupporre per i dottorandi la possibilità di viaggiare nel tempo.

Il piano prende il via con il Decreto Direttoriale 1540/2016 del MIUR, e prevede il finanziamento di borse di dottorato di ricerca di durata triennale, con l’obbligo di un periodo di formazione presso imprese e all'estero, per qualificare "in senso industriale" le proprie esperienze formative e di ricerca. L’obiettivo del piano è quello di generare ricadute positive sul tessuto produttivo ed occupazionale delle Regioni interessate dal programma (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia).

Il Decreto Direttoriale 353/2017, dello scorso 16 febbraio, ha individuato le 166 borse di dottorato ammesse al finanziamento, per un totale di 13 milioni di euro. Ma è proprio il disciplinare attuativo allegato al decreto a sollevare forti perplessità.

Il disciplinare detta tempistiche ben precise ma molto strane per i progetti di ricerca. L’art.2 comma 3 stabilisce che i progetti devono avere durata triennale, coincidente con quella del corso di dottorato, ed aver avuto inizio il 1 novembre 2016 o comunque dalla data di avvio del XXXII ciclo. Senza supporre l’uso di una macchina del tempo, ci sfugge come sia possibile imporre, per mezzo di un decreto emanato il 16 febbraio 2017, che i progetti di ricerca da esso regolati debbano essere iniziati già da tre mesi e mezzo.

L’art.2 comma 6, invece, stabilisce che la rendicontazione finale dei progetti debba essere presentata inderogabilmente entro il 15 dicembre 2019. Supponendo il regolare inizio dei corsi alla data del 1 novembre 2016, la previsione del comma 6 lascia soltanto 45 giorni a disposizione per la valutazione della tesi e l’esame finale, tempistiche che, sulla base di quanto oggi accade nella maggioranza degli Atenei italiani, sembrano del tutto irrealistiche. Tutto ciò senza che il DM 45/2013, che regola tutti i corsi di dottorato, stabilisca alcuna tempistica riguardo il giudizio della tesi da parte dei valutatori.

Inoltre il requisito del comma 6, unito a quello del comma 3 circa la durata triennale dei progetti, implica che i corsi che attingano finanziamenti da questo decreto debbano essere iniziati prima del 15 dicembre 2016. Per i dottorandi che abbiano iniziato il proprio percorso di ricerca successivamente a quella data, dunque, ci chiediamo come sia possibile mantenere il requisito circa la durata triennale del progetto.

Ma non è finita qui: all’art.4 comma 1 leggiamo infatti che: “Il MIUR, in assenza di cause ostative, può concedere eventuali proroghe, su richiesta del Coordinatore del corso di dottorato e nel limite di dodici mesi, per fondati motivi tecnico-scientifici o per cause non imputabili al soggetto destinatario della borsa di studio o in base a quanto stabilito dall’ordinamento dell’Ateneo interessato”.

Con questo articolo il MIUR riesce nell’incredibile impresa di contraddirsi due volte in un sol colpo: non solo si nega quanto scritto poche righe sopra, all’art.2 comma 6, rendendo derogabile il termine inderogabile del 15 dicembre 2019, ma si contraddice anche la circolare n. 12835/2016, che interpreta il DM 45/2013 asserendo che: “La ratio del d.M. n. 45/2013 è infatti quella di garantire una durata effettiva ed uniforme del Corso di dottorato, che verrebbe elusa nel caso in cui alla proroga “legale” semestrale prevista dal Decreto dovesse affiancarsi una prassi contra legem derogatoria del chiaro disposto normativo incline ad accordare un’ulteriore proroga (annuale?) al dottorando che ne facesse richiesta al Collegio dei docenti e per le medesime esigenze contemplate nel Decreto”. Incredibilmente, ora la prassi contra legem è fatta propria dallo stesso MIUR, creando di fatto una clamorosa disparità di trattamento tra dottorato innovativo, per cui la proroga annuale è ammessa, e dottorato “standard”, per cui la proroga non sarebbe ammessa in alcun caso. È il caso che il MIUR risolva definitivamente questa contraddizione, operando un intervento sul DM 45/2013 che ripristini la proroga annuale per tutti i dottorandi, su richiesta dei medesimi.

Ma la vera ciliegina sulla torta di questo disciplinare mal concepito e peggio scritto è all'art.3 comma 4. In esso si richiede che i dottorandi firmino una dichiarazione in cui accettano di:

  • Restituire un’intera annualità della borsa in caso di valutazione annuale negativa da parte del Collegio dei docenti, o di valutazione negativa finale;
  • Restituire la totalità degli importi versati nel caso non siano effettuati i previsti periodi di ricerca in impresa e all’estero, indipendentemente dalla motivazione (quindi anche nel caso in cui particolari condizioni cliniche impediscano lunghi spostamenti).

Come tutti sappiamo, la ricerca scientifica è per sua natura un’attività ad altissimo tasso di insuccesso: molti progetti di ricerca falliscono o non giungono ai risultati sperati. Questo non vuol dire che quei progetti siano inutili: ogni insuccesso, ogni passo falso, è infatti fondamentale nel tracciare il cammino a chi segue, ad indicare la via per successi futuri. Non è accettabile che il rischio connesso con l’attività di ricerca sia scaricato sulla componente più debole della comunità accademica, che oltretutto non ha avuto alcuna voce in capitolo nell’elaborazione e nella definizione del progetto scientifico, a vantaggio delle Università beneficiarie del finanziamento. È inoltre gravissimo che il MIUR imponga la restituzione totale della borsa versata a coloro che, per motivi oggettivi (ad esempio, per particolari condizioni cliniche, gravidanza, etc.), non abbiano potuto svolgere il proprio lavoro in azienda o all’estero nei periodi prefissati.

Chiediamo quindi al MIUR di intervenire con urgenza sul disciplinare attuativo del Piano Dottorati Innovativi, procedendo a:

  • Abrogare interamente il comma 4 dell’art.3 del disciplinare, eliminando il vincolo relativo alla restituzione parziale o integrale della borsa di studio;
  • Garantire che i corsi di dottorato innovativo abbiano durata effettiva di almeno tre anni.
  • Garantire parità di trattamento a tutti i dottorandi riguardo la possibilità di proroga della consegna della tesi di dottorato, introducendo la proroga annuale per tutti i dottorandi.