Nuovo Ministro, nuovo Ministero, ma il Miliardo di euro per l’Università dov’è? Tutti in piazza il 9 gennaio per il futuro dell’Università e della Ricerca

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È arrivato nel weekend l’annuncio del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla sostituzione del dimissionario Lorenzo Fioramonti: il Ministero da lui guidato finora verrà diviso in due, un Ministero dell’Istruzione e un Ministero dell’Università e della Ricerca;  la titolare del primo sarà Lucia Azzolina (Movimento 5 Stelle), mentre a guidare il secondo sarà Gaetano Manfredi (vicino al PD). Una repentina operazione che sembra essere il frutto di un calcolo politico rispondente a esigenze della maggioranza invece che una decisione frutto di una visione complessiva sul settore della formazione. 

La scelta di Gaetano Manfredi come Ministro dell’Università e della Ricerca è indicativa di una via precisa. Attualmente Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), Manfredi può rappresentare - proprio per la natura delle posizioni ricoperte - la continuità con le politiche finora adottate, volte solo ad introdurre o modificare piccoli aspetti della vita accademica senza mai mettere in discussione l’impianto generale della disastrosa legge 240/2010. In questo senso il suo incarico al Ministero dell’Università e della Ricerca non appare come un segno di rottura rispetto alle idee che hanno dominato a Viale Trastevere negli ultimi dieci anni: la priorità assegnata ai poli di eccellenza mentre il resto del sistema crolla, il controllo della produzione scientifica tramite discutibili esercizi di valutazione, il mantenimento di fasi fortemente precarie nella carriera dei ricercatori, etc. 

Ma a prescindere dalle valutazioni  sulla figura individuata per l’incarico di Ministro, ciò che ci preoccupa maggiormente è la totale assenza dei due governi Conte in tema di finanziamenti necessari alla tenuta del sistema universitario. Infatti, in un contesto in cui l’Università pubblica ha perso 1,5 miliardi di euro a partire dal 2008, la Legge di Bilancio 2020 alloca solo 70 milioni di euro, di cui ben un terzo (ca. 25 milioni) riservato alla creazione di una ancora misteriosa Agenzia Nazionale della Ricerca. 

Come ADI, da tempo sosteniamo la necessità di un congruo rifinanziamento del comparto Università e Ricerca, di una maggiore perequazione nella distribuzione delle risorse su tutto il territorio nazionale e di una riforma complessiva del sistema di reclutamento universitario che superi definitivamente l’assegno di ricerca e le altre tipologie di contratti precari, al fine di instaurare un reclutamento ordinato e ciclico sulla scìa, ad esempio, del DDL Verducci depositato in Parlamento qualche mese fa. Queste sono le priorità per il sistema universitario, delle quali Manfredi e Conte dovrebbero tener conto nel “mese di interlocuzione” che hanno lanciato con il mondo della ricerca. Considerando che la prima dichiarazione rilasciata dal prossimo Ministro riguarda proprio la necessità di un ruolo unificante delle Università come «fattore di crescita e sviluppo in ogni parte di Italia», ci aspettiamo che le nostre istanze in merito vengano ascoltate, così come quelle relative al riconoscimento del percorso dottorale come “lavoro in formazione” e quelle relative ad un maggior riconoscimento del titolo di dottore di ricerca all’interno della Pubblica Amministrazione, sulle quali  Manfredi si è anche espresso favorevolmente in occasioni pubbliche. Si tratta di posizioni che vanno nella direzione delle proposte ADI sul riconoscimento del valore del dottorato nella PA ed, anche in questo caso, coerenti con alcune delle disposizioni previste dal DDL Verducci (all’art. 4, comma 4). 

Le dimissioni di Fioramonti hanno aperto una crepa nel muro che circonda la narrazione sull’Università. Anche se strumentalmente e per un periodo troppo breve, il tema della mancanza di fondi è tornato centrale nel dibattito pubblico; inoltre, queste dimissioni hanno segnato un punto chiaro: i successori di Fioramonti dovranno per forza confrontarsi su questo tema oppure, in alternativa, gettare la spugna. In questo senso, le prime moderate dichiarazioni del futuro ministro sull’ammontare delle risorse da impiegare non fanno certo ben sperare. Sarebbe il caso che Manfredi ponesse le stesse condizioni di Fioramonti: investire almeno un miliardo di euro per Università e Ricerca nella prossima finanziaria, pena le sue dimissioni. Fino a quando non vedremo stanziate, tra DEF e Nota di Aggiornamento, le risorse necessarie a mettere in sicurezza il sistema universitario sui temi del reclutamento e del diritto allo studio, non smetteremo di chiedere le risorse che i tagli del 2008 ci hanno sottratto. È anche per questo che chiamiamo tutte e tutti a mobilitarsi, il 9 gennaio 2020, per una giornata di lotta nella quale chiederemo:

- un rifinanziamento adeguato e strutturale del comparto università e ricerca, in misura tale da poter quantomeno ritornare, nei più brevi tempi possibili, ai livelli pre-crisi;

- una riforma del reclutamento per Università ed Enti di ricerca, da effettuare con un concorso annuale ordinario, per invertire il trend che ha portato alla proliferazione sistematica della popolazione precarizzata e consentire, a ciascun lavoratore, una programmazione chiara della propria vita;

- una riforma del pre-ruolo, eliminando i contratti para-subordinati in favore di forme lavorative e previdenziali dignitose e riducendo, se non eliminando, i lunghi periodi di disoccupazione che si moltiplicano fino a una ipotetica stabilizzazione;

- la soppressione dell’ANVUR e un ripensamento radicale della valutazione della ricerca a partire da criteri qualitativi e non più quantitativi;

- l’aumento per almeno 200 milioni del Fondo Integrativo Statale per il diritto allo studio, così da garantire borse di studio, alloggi e residenze.

 
 
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